Velleio Patercolo

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Testa greco-romana-abruzzese che raffigura come potrebbe essere Velleio Patercolo ai giorni nostri.
« ... E chi cazzo è Velleio Patercolo ?!? »
(Tutti davanti a una versione di Velleio Patercolo)
« "Cesare, l'esercito è in marcia!" "... e che marcisca!" »
(Velleio Patercolo in una sua opera sulla conservazione del cibo)


Velleio Patercolo (all'anagrafe: Giggino Velleio Patercolo) è stato un romano con un nome orrendo perché i genitori erano degli stronzi.
Nonostante sia cresciuto con questa consapevolezza, Velleio Patercolo è stato uno storico latino, autore di opere importantissime e molto ben scritte, fin troppo bene per uno con un nome del genere.
Oggi i suoi testi sono conosciuti in tutti i licei classici italiani perché, siccome Velleio aveva studiato fino alla terza media, le sue versioni di latino sono a prova di imbecille.

Una vita da Patercolo

Velleio Patercolo (e basta ridere del suo nome! Dai, non è carino) nasce in Terronia superiore in un recinto per maiali ubicato tra Napoli e Pizzo Calabro. Discende per via materna da Decio Magio e Minato Magio, che fu re di Cartagine, e questo fece inevitabilmente di lui un Re Magio.
Il nonno paterno, Gaio Velleio Patercolo, fu comandante d'esercito, mentre il nonno materno fu proconsole. Aveva pure uno zio elettrauto.
Dopo un periodo di lavoro in Tracia visitò la Dalmazia come legatus, la Pannonia come incatenatus e la Pannocchia come affamatus, dato che la regione era assai famosa per i suoi sconfinati campi di mais.
Fu eletto questore, poi pretore, e infine reginetta della scuola. Ebbe anche un buono per andare gratis al circo.
Nel 30 (a.C. o d.C.) pubblicò l'opera Storia romana, che fu messa in vendita presso tutte le edicole e balzò subito in testa alle classifiche di gradimento, perché allora non c'erano ancora i libri di Paulo Coelho.
L'opera venne dedicata al suo grande amico Vinicio. Il calciatore ringraziò sentitamente e dedicò a Patercolo un gol segnato in Coppa Italia contro il Catanzaro.
Inviato come cronista di guerra in Macedonia, poté constatare subito i danni provocati dal conflitto, giacché la frutta era stata tutta tagliata a pezzi. Le sue qualità in battaglia tuttavia facevano talmente pietà che venne eletto magister equitum, cioè maestro di equitazione, e impartì lezioni a Tiberio per conto di Cesare, che era occupato con il suo corso di scherma. Nell'anno 30 d.C. si ritrovò in Persia e vi rimase per affrontare alcuni Parti. Non avendo alcuna pratica come ostetrica, il povero Patercolo fallì l'impresa, ma gli venne regalato un adesivo sagomato in ricordo dello sforzo compiuto.

Nel 33 d.C., mentre soggiornava a Lutezia per una vacanza-studio riguardo l'uso del filo interdentale presso i popoli barbari, vide un branco di studenti del luogo che appiccavano fuoco a un cumulo di copie del suo libro Storia romana e ci rimase molto male. A causa di ciò andò in depressione e cominciò a vagare di notte e a non farsi più il bidet.

Nel 35 d.C. tentò ripetutamente il suicidio gettandosi sul pavimento del bagno dal lavandino, ma invece di rinnegare sé stesso morendo rinnegò tutti gli Dei sbattendo il mento sulla tavoletta del cesso. Alla fine, un giorno, tentando di togliersi la vita nel medesimo modo, poiché aveva lasciato alzata la tavoletta del cesso non batté il mento ma venne risucchiato dallo sciacquone. Questo fatto ammonisce ancora di più i maschi sulla necessità di abbassare sempre il coperchio del cesso.

Opere attribuite al buon Patercolo

Oltre all'emerita Storia romana, al disgraziato Velleio sono attribuite anche altre opere di origine greco-romana (come i combattimenti fra galline):

  • De carabattolis bancarellarum
  • Cornu cornus cornu cornu cornu cornu
  • Battiato - the platinum collection
  • Mala malorum male mala sunt
  • Il De virginum vagina e il De pene hominum sono attribuiti dai più al pornografo greco Clitoride da Tebe e noi riteniamo che Velleio li abbia solo tradotti in età adolescenziale.

Voci correlate