Unni

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« Quando sento parlare di cultura, la mia mano va all'arco e alle frecce »
(Il capo unno Ribbentrilla, rivolto allo sgomento senatore romano Ceccus Paonis)
« Capra, merda secca, ti piace il cazzo! »
(Il capo unno Sgarbela rivolto allo sgomento senatore romano Ceccus Paonis)
« Oggi sono stanco di donne, Ambrogio portami un eunuco »
(Attila indica lo sgomento senatore romano Ceccus Paonis)
Ecco un unno secondo la classica iconografia tardo-romana.

Gli Unni furono un popolo della confederazione Hsiung-nu, che comprendeva anche i Dunni, i Trinni, i Quattrini e i Cinquini. Secondo la mitologia Hsiung-nu, tutti questi popoli furono generati dallo stesso potente dio Nummeroh che non aveva però deciso quale dovesse essere il benemerito titolare della riscossione delle elemosine.
Per questo motivo ogni popolo pretendeva dagli altri di essere chiamato "il popolo divino di fronte al quale bisogna inginocchiarsi ed eventualmente infinocchiarsi". Siccome nessuno voleva inchinarsi né tanto meno infinocchiarsi, iniziò una lunga ed estenuante disputa, dapprima esercitata dagli sciamani con lunghe prediche e successivamente dai guerrieri con lunghe mazze e spade taglienti. Dopo alcuni ettolitri di globuli rossi sparsi nelle vallate mongole, gli unni decisero di abbandonare la gara e iniziarono a girare il mondo in cerca di fortuna.

L'impero nomade

Gli studi sugli unni sono controversi e molto dibattuti. A causa della mancanza di fonti storiche certe e delle grandi bevute di limoncello con le quali concludono i loro convegni, gli unnologi si sono inventati tantissime frottole sul loro conto. Secondo il professor Jimmy Puparo jr., gli unni erano un popolo mite ed ospitale, pauroso in modo esagerato. Vivevano in basse capanne di bambù nei boschi più remoti del Tibet e si cibavano di bacche. Secondo Jimmy Ammammeta II, invece, gli unni, già durante la loro infanzia storica, avevano mostrato un'indole vivace, come quella volta che ruppero tutte le porcellane dell'imperatore Ming Huan Huan XVI.

La corsa ad occidente

una rara immagine del dio Nummeroh.

Sembra comunque certo che nel 300 A.C. abbiano definitivamente abbandonato la loro terra natale per iniziare le loro scorribande al suono di "certe notti" dell'aedo unno Ligebullo. Lungo le steppe del Kirgichistan, dell'Uzbekistan e dell'Andokazzostan, travolsero nel loro impeto i Sarmati, i Sassanidi, i Sabeti e i Salawiti. Avevano infatti deciso, per scaramanzia, di attaccare solo le popolazioni in cui nome iniziava con la "s". Giunti ad Astrakan, videro per la prima volta il mare e si spaventarono così tanto che ritornarono in tutta fretta ad Ulan Bator a bere una camomilla.
Dopo alcuni anni di camomillo-terapia li ritroviamo a Novgorod. La camomilla bevuta insieme ad alcune foglie boliviane, portate da uno zio americano, avevano reso gli unni più vivaci del solito. A Novgorod chiesero umilmente il permesso di pregare il loro dio "Nummeroh" e il suo antagonista "Dettatoh", ma il vescovo di quella città, San Mallino arrostito, si oppose con veemenza perché tale dio non era nell'elenco degli dei pagani.
Gli unni allora andarono a prendere il vescovo e dopo averlo arrostito lo offrirono al loro dio Nummeroh, che li ringraziò di cuore per il pensiero.
Da quel giorno gli Unni furono i protagonisti di una escalation del terrore del tutto simile a quella realizzata dal festival di Sanremo. Caddero sotto le loro asce affilate i Burgundi, gli Svevi, i Goti, gli Ostrogoti, i Protogoti, Gli Extragoti, i Supergoti, i Navii, Gli Huruk-hai, i nazisti.
Giunsero alfine di fronte ad altre mura: erano finalmente giunti al Limes dell'impero romano.

Unni contro Romani

A quel tempo l'Impero Romano era già in piena decadenza. Le grandi orge di un tempo erano solo un tenero ricordo. Paga per i soldati non ce n'era, frecce e spade erano di cartone o di legno verniciato, ma con quelle non si riusciva ad infilzare neppure una gallina. Ogni tanto, per incutere rispetto, si affacciava dalle mura un patrizio romano, vestito con una toga di seta e si pavoneggiava. Qualche minuto dopo doveva però ritirarsi per evitare l'onda d'urto prodotta dai melodiosi rutti di cui gli unni erano maestri. In altre occasioni un banditore intimava gli unni di andarsene pena l'ira infinita di Apollo, Dioniso, Minerva e Priapo. La curiosità rispetto a come si fosse irato Priapo produsse però l'effetto contrario.
Lentamente gli Unni si resero conto che l'impero romano aveva i piedi d'argilla, che emanavano tra l'altro un pessimo odore di muffa. Iniziarono così a penetrare all'interno del Limes, facendo razzie, rapendo belle fanciulle e sgozzando vecchie streghe.
I romani provarono ad opporsi a queste sortite ma le loro legioni erano formate solo dal cuoco, due inservienti e 200 generali che si rifiutavano di combattere e si davano ordini l'un l'altro senza che nessuno li eseguisse. Con queste premesse fu facile per gli Unni sconfiggere i romani ad Aurincus, a Viba Avensis e a Rotula Origena.
Curiosamente lo storico romano Anemone descrive queste carneficine di romani come grandi vittorie dell'impero: "Ad Aurincus le nostre legioni schierate a testuggine affrontarono a testa alta nugoli di barbari puzzoni e li rispedirono nel loro aldilà plebeo con grande soddisfazione del Centurione generale Tizius Caius. Al termine della giornata però, per far contenti gli Unni, che sono come bambini, i romani si ritirarono di 200 chilometri, raccomandando agli Unni di fare i bravi".
I primi anni, tutto sommato, all'Impero Romano andò anche bene. Infatti essendoci due Imperi, quello d'Occidente e quello d'Oriente, gli Unni erano sempre indecisi su quale attaccare:
"attacchiamo a nord, le donne galle hanno il seno più sodo d'Europa" proclamava il capo unno Fetentiula.
"no attacchiamo l'impero d'oriente, le donne greche preparano dei Souvlaki meravigliosi, da innaffiare con del buon retsina" replicava il capo Appestatela.
"Appestatela sei il solito ghiottone"..."e tu Fetentula un lussurioso della peggior specie"..."Come osi...guardie uccidete Appestatela"..."Uomini impalate Fetentiula". Queste discussioni frequenti permisero ai romani di vivere ancora tranquilli per qualche anno ma stava per giungere sulla proscenio della storia il grande Attila.

Si diceva tanto della rozzezza degli unni, in realtà erano dei fini elegantoni.

Attila

   La stessa cosa ma di più: Attila.

Attila era il figlio di un nobile di alto lignaggio, che non aveva badato a spese per la sua educazione. Aveva fatto venire direttamente da Napoli un istruttore a quel tempo famoso, O'Malomm. O'Malomm insegnò al giovane la nobile arte della spada, del corpo a corpo, dell'attacco a cavallo e a piedi, oltre ad alcune mosse proibite di kung-fu e a fare un'ottima pastiera napoletana. Attila crebbe così forte e violento come la tradizione di famiglia pretendeva. A cinque anni fumava già il sigaro, a sei aveva guidato il carretto sportivo, a sette attaccava le gomme da masticare sulla sedia del suo precettore. A otto uccise suo fratello, coerede al trono e dichiarò alla stampa "adesso il re è unno", un gioco di parole, che probabilmente era stato il principale movente del fatto di sangue.
Per aumentare il suo grado di virilità ed ottenere il livello "stallone supersayan", Attila iniziò ad impastarsi i piedi con una miscela composta di gorgonzola, sterco di falco, saliva del nonno Scoasse III e muco nasale estratto direttamente dalle proprie narici. Tramite questo trattamento protratto per venti anni sei mesi e un giorno, i piedi di Attila iniziarono a odorare indelebilmente di cadavere putrefatto. Inoltre aveva notato che se passeggiava a piedi nudi su un prato, dove passava lui non cresceva più l'erba.
Se da bambino veniva dileggiato per l'odore sgradevole dei piedi, da adulto si rese conto che quel difetto, amplificato a dismisura dal trattamento ad hoc, poteva diventare una risorsa. Infatti durante le riunioni plenarie del clan gli bastava minacciare di togliersi gli stivaloni affinché tutti approvassero le sue decisioni.
Il re era ovviamente spietato. Abolì l'intero codice penale unno e decise che, per qualsiasi tipo di reato, sarebbe stata applicata la pena dell'impalamento a secco per i plebei e l'impalamento lubrificato per i nobili. Questa fregola per gli impalamenti sembra che sia stata anche la causa principale delle continue migrazioni degli unni, alla ricerca di foreste da abbattere per la produzione di pali.

Attila contro gli imperi romani

Attila non si lasciò confondere come i suoi predecessori dalla presenza di due imperi romani. Decise di attaccarli entrambi. Inizialmente si diresse ad est, verso Bisanzio. Vinse ad Ebriachium, a Castra Istris e a Futsa.

Stava per entrare vittorioso anche a Costantinopoli, allorché l'Eunuco generale Crisafio, che da tempo sognava una notte d'amore con Attila, giocò il tutto per tutto.

Attila arringa i suoi eserciti prima di lanciarsi in una mangiatona a strippapelle.

Si offrì completamente nudo ad Attila, che però non lo degnò neppure di uno sguardo. Crisafio cambiò tattica e lo persuase che sarebbe potuto entrare nell'capitale dell'Impero solo se avesse enunciato correttamente lo scioglilingua Se il vescovo di Costantinopoli si decostantinopolizzasse vi decostantinopolizzereste anche voi?. Secondo Crisafio se non fosse riuscito e avesse conquistato la città, una grande aquila nera lo avrebbe preso e lo avrebbe condotto dalla Regina delle Nevi.

Attila provò per una notte intera senza riuscire nel suo intento e quindi decise di ritirarsi ma si consolò impalando Crisafio, a cui l'esperienza non dispiacque del tutto.
L'anno successivo Attila si diresse ad occidente con la sua orda di mongoli feroci, di goti assassini dalle gote rosse, di vandali vandalici e di alani mordaci. I romani erano guidati da Ezio, l'ultimo allenatore romano. Il pressing degli unni inizialmente bloccò i romani sulla difensiva. Il fuoriclasse unno Arvella ebbe un paio di frecce goal che sfiorarono Ezio senza colpirlo. All'inizio del secondo tempo fu fatto entrare in campo Tottius, un gladiatore di Centocelle che cominciò a suonarle di santa ragione a tutti gli unni che incontrava sulla sua strada. Al termine della gara, l'arbitro Trentalance sancì il pareggio.
Attila tornò a casa con le pive nel sacco e per dimenticare la sconfitta diede una grande festa, con annessa gara di rutti. Proprio mentre stava dicendo con i rutti "Buonanotte amici", Attila morì di indigestione. Grande fu il cordoglio degli unni che organizzarono subito un funerale memorabile con annessa gara di rutti.

Attila durante la letale festa del sabato sera.

Il funerale di Attila fu officiato dal Gran Sacerdote "Panoramix" venuto direttamente dalla Bretagna. Furono accesi mille fuochi ed impalate mille vergini. I bardi unni cantarono le loro canzoni fino allo sfinimento, le donne ballarono fino allo sfinimento, gli uomini dondolarono la testa fino allo sfinimento. Poi, finalmente, si disputò la gara di rutti che produsse un break salutare.
Il corpo di Attila, profumato con sterco di vacca ungherese, venne esposto sopra la pira che fu incendiata da un bambino alamanno, usato come innesco. Proprio mentre il corpo di Attila bruciava, si udì un vocione provenire dalla montagna, ma nessuno capì il senso di quelle parole inquietanti. L'episodio fu considerato un segno soprannaturale e quindi ben accolto dal pubblico giunto anche da lontano per assistere allo spettacolo.
Solo molti anni più tardi si seppe che il vocione apparteneva a Childerico, un unno che aveva urlato "chi mi ha rubato la carta igienica?".
Alla morte di Attila i suoi 4000 figli si disputarono l'impero ma non riuscirono a mettersi d'accordo su un pentola di rame e su una cassa di mutandoni invernali. Sintetizzando accadde che si scannarono fra di loro e versarono i soliti ettolitri di globuli rossi.
Del grande impero di Attila non rimase che il ricordo di quella puzza impressionante e le migliaia di casse di birra sparse lungo tutta la pianura carpatico-occidentale.


« Ah ah, gli unni pensavano di piegare il grande impero romano ed ora guardali girovagare come pezzenti nelle pianure »
(Il senatore Maggiorano rivolto al senatore Ceccus Paonis nel 476, un giorno prima della caduta dell'Impero Romano d'Occidente.)

Olimpiadi unne

Gli unni soffrivano di un malcelato senso di inferiorità nei confronti dei romani. Anche se li avevano militarmente sconfitti tante volte, erano consapevoli di essere meno preparati nelle classiche gare atletiche di allora. Per prendersi una rivincita, nel 450 D.C. organizzarono a Vindobona le Olimpiadi unne, caratterizzate da discipline dove gli unni erano imbattibili. Ecco l'elenco completo degli sport ammessi:
1) sputo in lungo; 2) sputo in alto; 3) rutto più lungo; 4) rutto più forte; 5) gara del gran mangiatore; 6) gara del gran bevitore; 7)sesso multiplo; 8) sesso multiplo con salto dell'asta; 9) sesso multiplo a squadre; 10) calcio-sesso; 11) lancio del cavallo; 12) impalamento; 13) corsa con i carri; 14) scalata del monte Everest a mani nude; 15) ti ammazzo cantando; 16) licantropia; 17) spaccaossa; 18) sabbie mobili; 19) schiaffo del soldato; 20) roulette mongola; 21) nuotata in Antartide; 22) dormitona campestre. 23) caccia al romano Gli unni arrivarono primi in tutte le specialità. Gli altri atleti furono eliminati fisicamente e successivamente cotti al vapore.

Voci babbare

Ecco i romani secondo la classica iconografia unna.