Scandalo del vino al metanolo in Italia

Da Nonciclopedia, cioè, 'sti cazzi.
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Il metanolo è mortale. Non solo per l'uomo.
« Ma che ce frega ma che ce 'mporta
se l'oste ar vino cià messo l'acqua... »
(Ehm... non è acqua.)

Questa è una brutta storia, ma poiché tratta di alcolici e avvelenamenti correlati, verrà sicuramente apprezzata dal grande pubblico.

Lo scandalo del vino al metanolo in Italia fu una truffa perpetrata in Burundi Italia ai danni degli alcolisti mediante adulterazione del metanolo con vino. Cioè, no. È l'esatto contrario.
A questo punto ci starebbe bene un po' di sano revisionismo per ricordare che, in quegli stessi anni, erano frequentissime le adulterazioni dell'eroina, che fecero centinaia di vittime, senza che nessuno gridasse allo scandalo. Ma non sarebbe opportuno: si rischierebbe di essere tacciati di confusionismo e per carità di Dio.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Scandalo del vino al metanolo in Italia

Correva l'anno 1986, insieme all'economia italiana, spinta dalla rampante democraxia che faceva sembrare tutto facile e bello. Soprattutto arricchirsi. Nessuno si domandava da dove uscissero tutti quei quattrini, ma tutti erano convinti che non sarebbero finiti mai. Sulle ali dell'entusiasmo, un piccolo imprenditore vitivinicolo decise far compiere alla propria azienda un consistente salto di qualità. Come?
Con una più oculata gestione delle risorse? No.
Migliorando la qualità del prodotto finito? No.
Implementando sistemi produttivi all'avanguardia? No.
Mantenendo un ottimale rapporto qualità-prezzo? Noooo.
"Allungando" il vino? Sì.

Facile, veloce, di poca o nulla spesa. Un rampantismo esemplare.

Alcolizzare il vino

L'etichettatura era impeccabile. Eppure...
« Metanolo, etanolo... c'è solo una «m» di differenza! Praticamente sono la stessa cosa! »
(Il seme dell'idea.)

La strategia aziendale prevedeva di aumentare la gradazione del vino, alleggerito da un precedente processo di annacquamento, mediante l'aggiunta di diserbante. L'idea fu scartata perché conferiva al prodotto finale un retrogusto, come dire, eccessivamente tanninico. Fu allora che si optò per il metanolo, sul quale è bene spendere due parole. Chimicamente parlando, si tratta del più semplice degli alcoli. È noto anche come alcol metilico o spirito di legno, da non confondere con lo spirito di patata, che a sua volta non va confuso con lo squirt. Si presenta come un liquido trasparente, dal caratteristico odore di ospedale anni '60, di sapore intenso[dicono...], estremamente volatile e infiammabile. Il suo utilizzo corretto, che non è oggetto di questa trattazione, esula completamente dall'ambito alimentare, perciò esso rappresenta forse il miglior addittivo per le adulterazioni.

Il metanolo è naturalmente presente in tutte le bevande alcoliche, in percentuali infinitesimali, tipo uno zero virgola qualcosa per cento. Che non devono essere superate, neppure di poco: la tossicità del metanolo è tale che anche a piccole dosi provoca danni permanenti. In particolare, sono possibili conseguenze terribili come cecità anche senza essersi mai masturbati, sintomi neurologici anche senza possedere un cervello, sordità amplifonresistente e per chiudere in bellezza, exitus senza uscita.

L'esplosione del dramma

Una fase cruciale: il dosaggio ottimale del metanolo.

Dalla fine di dicembre 1985 a marzo 1986 il piccolo imprenditore vitivinicolo utilizzò qualcosa come due tonnellate e mezzo di metanolo e non per alimentare il suo tosaerba, che pure consumava parecchio. La gradazione alcolica del vino può essere aumentata anche con l'aggiunta di zucchero, parimenti illegale[1], ma il metanolo, oltre a costare molto meno, pur con tutti i suoi effetti collaterali, non provoca il diabete e neppure la carie. Il mercato italiano fu saturato di vino adulterato, che non si poteva riconoscere perché le etichette delle bottiglie erano alquanto omissive.

Il vino fu venduto nella provincia di Asti, dove si verificarono i primi ricoveri in ospedale e i primi decessi. Uniformandosi all'antico adagio «la prima si scusa, la seconda si condona, la terza si bastona», la procura della Repubblica iniziò ad indagare dal terzo decesso. Non ci volle molto per arrivare ai responsabili, gli stessi carabinieri affermarono di averli arrestati a due - tre chilometri massimo dalla caserma, ed erano proprio di strada, tra l'altro. Il piccolo imprenditore vitivinicolo fu arrestato col figlio, insieme col venditore che aveva messo in commercio il vino, sebbene questi si fosse dichiarato estraneo ai fatti imputatigli:

« Non c'entro un cazzo e sono pure astemio! »

Anche l'imprenditore e suo figlio abbozzarono un tentativo di difesa:

« Lo faceva anche mio nonno e nessuno gli ha mai detto niente. E poi quale sarebbe il crimine? Non abbiamo fatto altro che legalizzare il metanolo, che era stato prodotto illegalmente. Dovrebbero darci una medaglia, altro che galera! »

Prima che il vino adulterato fosse tolto dal commercio, ebbe il tempo di fare 23 vittime. Lo slogan «bevi responsabilmente» sarebbe arrivato irresponsabilmente solo parecchi anni dopo.

Processi, condanne e fuffa varia

A un certo punto il colpevole è finito dietro le sbarre.

Il piccolo imprenditore vitivinicolo, forse senza saperlo, aveva fatto proseliti. Nelle settimane successive si verificarono altri avvelenamenti e altri decessi, tutti riconducibili ad altri produttori. Fu come scoperchiare il vaso di Pandora: nel giro di un mese e mezzo saltò fuori che una sessantina di aziende commercializzavano un intruglio di liquidi di dubbia provenienza e alcol metilico. Alcuni dei produttori inquisiti ebbero pure il coraggio di ribattere:

« Se ci arrestate ostacolerete lo sviluppo del progresso e l'evoluzione del genere umano: chi è lo scemo che ancora si ostina a produrre vino a partire dall'uva? Certe usanze lasciamole ai nostri nonni! »

Dopo alcuni comprensibili attimi di sbigottimento, la macchina della giustizia si mise in moto. Al termine dei tre gradi di giudizio furono comminate pesanti condanne ai responsabili. Nel tempo, tali pesanti condanne sono state sottoposte alle rigide cure dimagranti previste dal sistema giudiziario italiano, permeato inzuppato di garantismo come un babà è inzuppato di rum. Inoltre i vari condannati corruppero i giudici del riesame con tante bottiglie di vino[2].
Dopo pochi anni erano tutti liberi. Molti di essi hanno addirittura ripreso a produrre e commerciare vino. Non è dato sapere se adulterano ancora il prodotto: l'autore di questo articolo si serve esclusivamente di fornitori seri, fidati e ufficialmente certificati. Inoltre, dal momento che la prudenza non è mai troppa, prima di levare il calice, fa assaggiare il vino ad alcuni volontari[citazione necessaria], scelti accuratamente tra le persone che più gli stanno sul cazzo.

Conseguenze

La stampa tuttora ci ricama sopra.

I familiari delle vittime ricevettero cospicui indennizzi finanziari - ERRATA CORRIGE - In realtà questo era il finale di una vecchia storia di Topolino. I familiari delle vittime del vino al metanolo non solo non hanno mai ricevuto il becco d'un quattrino, ma hanno pure dovuto subire gli strali dei bigotti benpensanti, che li accusavano di mantenersi in casa dei beoni incalliti, puzzolenti e improduttivi, con grave danno per la collettività e per l'economia nazionale. Pertanto erano morti giustamente a causa del loro vizio, che avrebbero scontato anche all'inferno. Gli indennizzi dovuti non sono mai stati percepiti perché tutti i condannati si sono sempre dichiarati "nullatenenti". Il fatto è che ci hanno creduto tutti subito e neppure il fisco si è mai preoccupato di svolgere gli accertamenti necessari.

L'esportazione del vino italiano subì un tracollo verticale: la Germania addirittura bloccò alla frontiera il vino che era stato controllato e verificato nei laboratori di analisi italiani. Quel che è peggio è che i crucchi invasero lo Stivale di birra adulterata con benzina per smacchiare. Gli italiani, i cui palati erano avvezzi a ben altre porcherie, non ci fecero neppure caso.
Un cinese, giunto in Italia nel periodo dello scandalo per apprendere le tecniche di una corretta vinificazione, assistette inconsapevolmente proprio all'adulterazione col metanolo. Tornato in Cina convinto di aver carpito agli italiani il segreto per produrre ottimi vini, impiantò un'azienda che distribuì vino al metanolo in tutti i distretti di quel Paese. Dopo qualche tempo si pose qualche domanda:

  • perché non riesco a mantenermi una clientela fissa?
  • perché vengo minacciato di morte almeno cinque volte al giorno?
  • perché il mio vino fa così schifo?

Dopo aver fatto alcune ricerche su internet, provò a produrre vino dall'uva. E basta. Di colpo gli affari migliorarono sensibilmente e le minacce di morte scomparvero. Attualmente è il maggior fornitore delle cantine che imbottigliano il Brunello da Montalcino.

Adulterazioni correlate

Note

  1. ^ L'aggiunta, non lo zucchero.
  2. ^ Stavolta di quello buono.


left-centerBevande ufficialmente vietate ai minorenni.right-center