Lingua lombarda

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(Rimpallato da Lingua Lombarda)
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« Vorìa basà el bamborìn de la miee d'on ghisa! »
(Tucc i Milanes)
« Minchia oh, ma che cazzo di dialetto è? »
(Terrone matricolato)
« Milanes semm e mai se desmilaneseremm! »
(Nissùn su dialetto milanese)
« Uè, ueilà, pirla, terun, hura, hòta, pòta, neh, cribbio, figa, madunina, terron, ciapa sù, va a da via 'l cuu! »
(Tipico discorso in lombardo)
Quest chì a l'è MINGA el Dòmm de Milàn

La lingua lombarda è di difficile classificazione. C'è chi dice che sia un dialetto dell'Italiano (come testimoniano gl'italicissimi suoni ö, ü, s'c e sg) e chi invece la considera una lingua celtica (e in effetti tra il Milanese Pader nòster che te seet in cel e l'Irlandese Ár nAthair, atá ar neamh non corre molta differenza, a essere sinceri). l'unesco (addirittura!!!) pensa che sia una lingua neolatina a sé stante, un po' come il Sardo, il Catalano, e così via.

Storia della Lingua lombarda, un idioma (e che idioma!) tutto da scoprire e parlare

Sulla lingua lombarda e sulle sue origini ci sono tante opinioni contrastanti, dunque. Ma vediamo quindi nel particolare le due principali:

Versione italiana:

  • Mah, prima si parlava Latino, poi è arrivato Dante che ha scritto la Divina Commedia e allora tutti si sono messi a parlare Italiano, però c'erano degli ignoranti che lo parlavano male perché non sapevano leggere e allora sono nati i dialetti, che però, anche se è divertente parlarli (sono comicissimi!), non va bene che ci siano, bisogna che la gente non sia più così ignorante, perché l'Italiano è la lingua più bella del mondo.
I Lombardi nell'Età dell'Oro. Ahimè, quanti ricordi della felicità perduta!

Versione leghista

  • Alura, prima in Padania i gh'erun i Celt, che i erun 'na granda civiltà, che la lavurava e i erun unest e vizin a le necesità de la gent...
  • Tradusiùn: Cioè, prima in Padania c'erano i Celti, che erano una grandissima e coltissima civiltà, che lavoravano ed erano onesti e vicini ai veri bisogni della gente. Comunque quello là era un popolo che era una roba tremenda, eh, cioè, neanche i Greci erano come loro, per civiltà e quelle balle lì, eh! Poi sono rivati quelli là, i Rumani, che con le loro manacce sudicie hanno cominciato a rubare e a sopprimete la gente del nord. E poi sono anche rivati gli Italiani, che han fatto su un'opera di colonizzazione che guarda, l'è stata una roba propio brutta, neh, e ci hanno oppresso con tutte quelle balle là dell'Italia unita, della demucrasia, ma stiamo scherzando? A buon conto, il Lombardo è una lingua figlia di quelle gloriose popolazioni celtiche, infatti è diversissima dall'Italiano, ma anche del Latino ha pochissimo, anche se i soliti nazionalisti, razzisti e comunisti italiani, con le loro manacce da terroni vogliono far credere al popolo della Padania il contrario. Ma per fortuna adesso ci siamo noi, che siamo un partito del fare, che non fa chiacchere, non s'interessa della vita privata del Presidente del Consiglio come fanno i nazionalisti italiani, ma che al contrario va incontro ai problemi della gente comune, quella che non riesce ad arrivare a fine mese uga uga ugh udshdn daghalterun.

Ultim'ora: Anche se può sembrare paradossale, recenti studi hanno dimostrato che entrambe le teorie sono ASSOLUTAMENTE VERITIERE e non in contraddizione l'una con l'altra (ANSA).

Caratteristiche

Innanzitutto, bisogna sapere che il Lombardo è diviso in diversi sottogruppi:

  1. Lombardo Occidentale: il Lombardo dei fighetta, cioè della zona di Milano, Como, Lecco, Lodi, Pavia, Varese, Novara, Sondrio e Canton Ticino.
  2. Lombardo Orientale: quello dei Bergamaschi e dei Bresciani, cioè quello che tutti reputano incomprensibile, anche gli stessi parlanti (che di ciò si vantano: effettivamente li eccita dire cose che non capiscono, e ciò dice tutto sull'intelligenza di quelle persone). Ma questi due dialetti sono così primedonne che oscurano tutti gli altri rimanenti che appartengono al gruppo orientale del Lombardo, come il Cremasco, il Camuno e il Trentino (ma non ditelo ai Veneti che sennò si mettono a urlare COSSA TI GA DITO, BRUTO TOCO DE MERDA, EL SAN TUTI CHE EL TRENTIN EL XE UN DIAETO VENETO! O MO' ME METO A BIASTEMIAR).
  3. Lombardo indeciso: sono tutti quei dialettucci del sud della Lombardia che non si capisce bene cosa siano: lombardi o emiliani? Dai linguisti sono chiamati, vista la difficoltà a collocarli bene, dialetti transgender: inoltre non sono nemmeno così virili come possono esserlo il Bergamasco o il Novarese (e non è un caso che in quelle parlate vladimirluxuria voglia dire "uomo"), perciò qualcuno generalizza e li chiama dialetti da froci. A questo gruppo (che qui viene collocato nel Lombardo, ma nella pagina sulla lingua emiliano-romagnola, verrà - temiamo - collocato nell'Emiliano-romagnolo) appartengono dialetti quali il Vogherese, il Cremonese, il Piacentino il Mantovano.

Seconda cosa da imparare è chi siano i lombardofoni. Come tutti sanno, il Lombardo è parlato da solo due categorie di persone:

  • I leghisti
  • I montanari e gli abitanti dei laghi


Tutti gl'altri non parlano il Lombardo, ma un suo fake. Ma non bisogna mica stupirsi: difatti tutti i Lombardi di pianura sono leghisti (infatti, tutti i Bergamaschi conoscono il proprio dialetto); i rimanenti, non sopportandoli, scappano in montagna. Poi, certo, non tutti i Lombardi di pianura votano Lega, ci mancherebbe: svariate persone sono per Berlusconi, però non sono quelli che possiamo definire lombardofoni.

Il problema dell'unitarietà della lingua e dell'ortografia

Parlare per periodi prolungati i dialetti lombardi può provocare problemi alla trachea nei soggetti non indigeni.

Come si è visto, il Lombardo non è quella che si può dire una lingua tutta d'un pezzo (al contrario di Rambo o di Terminator - che a Milano si pronuncia terminatùr): difatti, considerando la lunga tradizione storica lombarda di unità e coesione (il suo territorio è stato spartito solo tra cinque stati - il Ducato di Milano, quello di Savoia, quello di Mantova, la Repubblica Veneta e la Svizzera) è stato facile che i vari dialetti fossero unificati in un'unica lingua. E ciò ovviamente vale anche per il metodo con cui scrivere. Infatti c'è chi usa un'ortografia etimologica, chi una più scientifica, chi più fonetica, chi più metafisica e chi cerca di farne una unificata per tutti quanti. A volte una stessa persona scrive in più di cinque ortografie diverse contemporaneamente. Quelle che hanno avuto più successo sono quella milanese e quella ticinese: con la prima si scrive il Lombardo come l'Italiano, con l'altra lo si scrive come sarebbe pronunciato in Italiano. Tanto per chiarire il rapporto tra vernacolo e lingua.
Per esempio, la parola che in ortografia milanese si scriverebbe masturbazion, nei vari dialetti viene pronunciata e scritta così:

Però son tutti d'accordo che la fa diventà sguercc.
Un altro esempio può essere tratto dalla locuzione cuu allegher, pronunciata così:

Insomma, chi più ne ha più ne metta (ma non nel culo allegro, ovviamente). Morale della favola, molti ritengono che in realtà il Lombardo non sia altro che un'unione di tanti dialetti con caratteristiche lessicali e sintattiche simili, ma se lo dici in giro t'inculano a sangue, e da ciò deriva che il Lombardo è senz'altro unito, cribbio.


Detto ciò, ci si può inoltrare nell'esaminar da quanti e quali siano i dialetti del Lombardo.

Lumbard Occidental

El Milanes

   La stessa cosa ma di più: Dialetto milanese.
Terùn che l'è minga bun de parlà el lumbard.

El milanes a l'è el dialett pussee bell che gh'abien mai parlà, e chi l'è nò d'accòrd el po' anca andà a ciappà i ratt. Traduzione: il milanese è il dialetto più bello che abbiano mai parlato, e chi non è d'accordo può andare a quel paese.

Purtroppo al giorno d'oggi non lo parla più nessuno, nemmeno l'autore di questo articolo. Se proprio per caso qualche nostalgico dovesse leggere questa pagina qua, ebbene, si rassegni: el nòster pòver dialett l'è mòrt! E sapete perché? Perché su a Milano siamo TROPPO AVANTI! Sono i terùn che parlano dialetto, santa polenta (e infatti l'Enzo Jannacci, grande scrittore di canzoni in Milanese, c'ha il padre calabrese. Tutto torna, tutto quadra)!!

Perciò, da adesso scriveremo solo mettendo gli accenti di come pronunciamo quella linguaccia toscana noi qui su a Milano.

Dunque, stavamo dicéndo che il milanése non lo parla più nessuno. Ma perché, pòi? Cioè, è così sémplice! Basta sempliceménte tògliere l'ultima lèttera alla fine d'ògni paròla. E magari tra di vói c'è qualche pirla che dice: "Eh, no, non ci credo, il Milanese non è di certo lo Spagnolo. Con quello sì che bisogna mettere la s alla fine, ma qui ci state prendendo per il sedere!". E invéce nò: ma dato che qui non siamo dietro a contar sù delle balle, vi facciamo vedére dégli esémpi di quanto abbiamo scritto.

  • Tutto = Tutt
  • Mondo = Mond
  • Cavallo = Cavall
  • Cane = Can
  • Gatto = Gatt
  • Paese = Paes
  • Grande = Grand
  • Terrone = Terron
  • Misterioso = Misterios
  • Anno = Ann
  • Numero = Numer
  • Arte = Art

Dunque, se volèssimo scrivere in Milanése la seguénte frase:
Napoli è proprio una bella città, piena di storia, cultura e arte, nonché dotata di un meraviglioso paesaggio. E gli abitanti, sono così gentili, simpatici e onesti!

Scriverèmmo così:
Napol è propri un bell citt, pien d stori, cultur e art, nonch dotat d u meraviglios paesaggi. E gl abitant, son cos gentil, simpatic e onest!.
Sémplice, nò? E adèsso baciateci i piédi e ringraziateci per una così interessante dissertazióne, pòveri bifólchi ignoranti!

Ol Brianzoeu

   La stessa cosa ma di più: Brianza.

Andando a nord di Milano, si entra in quella meravigliosa terra chiamata Brianza. Il paesaggio della regione è molto variegato: si passa dalle maestose foreste di compensato (utilizzato per costruire i mobili grazie ai quali i Brianzoli sono celebri) allo splendore di città come Merate o Pusiano. Recentemente, stufi di stare all'ombra del Duomo di Milano, i popoli della Brianza hanno ottenuto di poter avere una loro provincia, e quindi di stare finalmente all'ombra del Duomo di Monza. Questo non impedisce loro (e parliamo soprattutto de' giovani briantei) di recarsi tutti i week-end a Milano per fare shopping.

Avendo dunque noi analizzato la terra, passiamo alla sua parlata. Volevo dire, due parlate. Cazzo, no, erano tre! Insomma: il dialetto brianzolo è un gran casino, perché praticamente in ogni paese ci sono delle differenze. Contando poi che la Brianza è una delle zone più densamente abitate d'Europa, vedete un po' voi che razza di Babele sarà.

  • Ci sono i dialetti che il participio passato lo fanno in -aa e quelli che lo fanno in (esempio: incoeu hoo cagaa/incoeu hoo cagò);
  • Ci sono quelli che hanno come articolo determinativo el e quelli che hanno invece ol (pr. ul);
  • Ci sono quelli che trasformano praticamente tutte le e milanesi in a (per esempio negar invece di negher) e quelli che invece no;
  • Ci sono quelli che, analogamente ai Milanesi dicono terron (pr. terun) e quelli che invece dicono terròn (pr. teron);
  • Ci sono quelli che tengono dei participi passati arcaici (sa son fai toa sorella anziché se son faa toa sorella) e quelli che invece no;

Pertanto riaffermiamo quanto scritto sopra: il Brianzolo è un bel macello. Ma, se proprio volete, vedrò di semplificare le cose: diciamo che tale macello è diviso in due macroaree:

  1. Il Brianzolo meridionale, che copia dal Milanese;
  2. Il Brianzolo settentrionale, che copia dal Comasco;

Ma se non siete ancora soddisfatti (che palle però: cioè, uno fa di tutto per accontentarvi e voi no, niente, continuate a non capire una mazza di niente, porca puttana. Guardate, mi fate proprio venire il latte alle ginocchia, delle volte. Delle altre volte invece no, ma questo è un altro discorso, e non fatemi perdere il segno, dai, su, che poi non capisco più niente IO, e allora sono proprio guai, porca l'oca!) ecco qui un pratico esempio linguistico di come in generale il Brianzolo si differenzi dal dialetto meneghino.

Milanese: Sòtta i pont ghe viven i barboni.
Brianzolo: Sòt i poncc i ga vivan i barbòn.

In definitiva, citando un'importante glottologa:

« Quella roba lì, sì, insomma, il coso, il Brianzolo, ecco, non è altro che un mischiume tra Milanese, Comasco e Bergamasco. »
(Chiara Bevilacqua, La sessualità animale ad Atlantide nel Medioevo, vol. IV)

Si ricorda inoltre di non confondere il dialetto brianzolo del Lombardo da quello dell'Italiano. Questo si basa principalmente su tre frasi: Uè, alura, andiamo giù a Milano domani?; Usti, che schifo 'sti immigrati estracumunitari, neh!; Stia tranquilla, eh, signora, è entrata nel mobilificio più conveniente e attressato di tutta la Brianza!.

I dialett dol nòrd

Proseguendo il nostro fantastico viaggio verso nord, si lascia Milano e si arriva alla zona dei laghi. Nella zona di Como troviamo diverse realtà linguistiche, tra cui ricordiamo:

Quest'ultimo ha evidentemente influenze sarde o siciliane, come si può ben notare, come si può vedere da parole come treno, negro, òltro, libro (pr.: trenu, negru, oltru, libru). I Lecchesi, che stanno ai Comaschi come i Brianzoli ai Milanesi, non hanno fatto altro che piratare il comasco e spacciarlo come proprio dialetto (e volendo fare i furbi ci hanno messo qualche parola bergamasca). Ma nemmeno Wikipedia crede a questa balla, come si può vedere: http://it.wikipedia.org/wiki/Dialetto_lecchese. A proposito di Lecco si vuole ricordare questa famoso dialogo socratico di Platone che fa menzione della città lariana:

« Socrate: Amico Filòclo, adesso io ti dirò il nome di una città e tu mi dovrai rispondermi "Le mutande di mio nonno"
Filòclo: Certamente, o Socrate.
Socrate: Roma.
Filòclo: Le mutande di mio nonno.
Socrate: Calolziocorte.
Filòclo: Le mutande di mio nonno.
Socrate: Aquileia.
Filòclo: Le mutande di mio nonno.
Socrate: Lecco!
Filòclo: Le mutan... ehm, un gelato!
Socrate: Eh, no, ormai l'avevi detto! Tiè, ci sei cascato! Hihihihihi...
Filòclo: Fai proprio dei giochini del cazzo, o Socrate, ma questo dimostra la tua saggezza. »
(Platone, Astrofisica geologica)

Perché, signori, anche questo è Nonciclopedia: non solo idiozie, ma anche approfondimento filosofico che va a scavare fino alle origini della nostra cultura e di tutta la nostra civiltà, a dirla tutta.

Tuttavia, una notevole particolarità linguistica nella zona è quella che si registra in alcune frazioni lecchesi come Olate e Pescarenico, i cui abitanti (siano essi filatori, parroci, scagnozzi di signorotti, frati cappuccini, signori della guerra senza nome), come registrò il buon Alessandro Manzoni, da sempre parlano un Toscano purissimo, tanto che lo stesso Dante Alighieri, prima di scrivere la Divina Commedia, dovette andare a sciacquar i panni in Adda.

Salendo ancora più su, arriviamo nelle zone nelle quali ormai tutti sono montanari, quindi tutti parlano in dialetto. La valtellina ha la particolarità di avere le montagne tappezzate di vigneti, e quindi il vino è per gli abitanti la principale fonte di calorie...poiché i valtellinesi passano gran parte della loro vita a trangugiare sassella e inferno DOCG, il lombardo parlato nelle zone vinicole della valtellina ha quindi la particolarità avere un suono più biascicato, e questa caratteristica si ripercuote nel annullamento della consonante v a favore della u. esempio: mi su dela Ualtulina e me pias el Uin...eUUiUa la Ualtulina!!!!!!

Ul büstòcu

Da ciò avete capito che in genere il Lombardo è contraddistinto dal fatto che perde le vocali finali. Cioè fa l'apocope, se vorremo atteggiarsi a sapientoni. Ebbene, ora suppongo che siate contenti di aver capito il significato del Lombardo. Bene, con il dialetto che mi appresto ad esporre le vostre più salde certezze cadranno.

Sempre che voi abbiate posto le certezze della vostra vita nella grammatica del Lombardo Occidentale, di cui dubito, però reggetemi il gioco, dai.

Lumbàrt Orientàl

Ol Bergamàsc

Un tipico esempio... No, aspetta un secondo...

Ricordate cosa avevo detto? Che il Lombardo lo parlano solo leghisti o montanari? Bene, si può dire che nella Provincia di Bergamo, TUTTI gli abitanti sono lombardofoni. Difatti la gente su nella Val Brembana, Val Seriana eccetera è senza dubbio montanara, vivendo in montagna; quelli che vivono in pianura (la bàsa) sono tutti (tutti, che in Latino si dice toti/omnes/cuncti/universi, in Greco pàntes/òloi e in Inglese all, tanto per ribadir il concetto), senza esclusione, leghisti. Anche gli immigrati.

Ingiustamente, il dialetto bergamasco viene considerato da quei razzisti degli Italiani come una parlata incomprensibile. Ma grazie a questo magnifico articolo potrete ben vedere come tali discorsi non siano altro che, se proprio vogliamo dirlo, merda. Difatti, chi non comprende che cosa voglia dire A ó a et a ent i ae ìe (cioè, se non sapete che vuol dire "Vado a veder vendere le api vive" siete proprio messi male o peggio o ancora peggio del peggio di cui ho precedentemente accennato)?

In ogni caso, ecco qui alcune regole indispensabili per scrivere e parlare il dialetto (e ripeto: che dialetto!) della città che diede i natali a Bartolomeo Colleoni (per i profani: l'uomo che invece di due ne aveva tre).

Fondamentalmente è come il Milanese, ma:

  • Ha un'ortografia diversa
  • Ha un accento diverso
  • Ha intercalari diversi

Queste irrilevanti quisquilie non vi fermeranno di certo dal leggere e capire, e probabilmente pure pronunciare, una cosa del genere:

« Töcc i òmen e fónne i nas lìber e compàgn in dignità e dérécc. Töcc i gà la resù e la cosciénsa e i g'à de comportàs i ügn nvèrsa i óter coma sa födès fradèi. I armi, i fomni, i soldacc, quand che in amôr i andava d' Marz, af voi cuntà in sti vers, che fü in dol tèp che con tancc furôr al vign de za dol mar i Mor Pervers, condücc dal re Gramant, so car signôr, che voliva più Franza e l'univers e destrüz sech Re Carlo e i Paladì per vendicà sò Pader Sarasì. Ma la stòria la ghe cönta sö po' a de serte fassènde importàcc de la éta d' ol Abelard che el nass indel 1079 a Pallet, a süd-èst de Nantes, indela Bretagna; fiöl d' ü caaliér, l'abandóna la richèssa e la cariéra di armi per indà a stödìà prima a Loches (sìt de la Loira) doe l' inségna ol Roscellino e po' dopo a Parìs, doe i fiorìss i stüdi de dialetéga. Ché a l' seguìss i lessiù d' ol Guglielmo de Champeaux, ma l'ólsa critegà i tesi sö i üniversài, dóca l'è custrèt a scapà prìma a Melun e po' a Corbeil, doe a l' se mèt dré a insegnà e l' iscöd ü gran caècc. Dopo quach agn in Bretàgna, a l' torna là amò a Parìs e l' iscólta de növ ol Guglielmo, che intàt l' è deentàt canonègh de San Vitùr, ma i salta fò di oltèr ràcole; ol Guglielmo a l' se ritìra indela badìa de San Vitùr e indel 1113 a l' deénta vescóv de Châlons, intàt che l' Abelard a l' té scöla a Parìs, in sö la rìa mansìna de la Sèna, a Sainte-Geneviève, che a chèi tép lé l' ìa fò di müra de la sità. Dopo quach oltèr viàs in Bretàgna, indel 1113 a l' và là a Laon, per istödìà sénsia sacra co l' Ansèlm de Laon, ma indel stèss an a l' torna a Parìs, a la scöla escoàl indel curtìl de Nôtre-Dame, per insegnàga mia domà la dialetéga, ma po' a la teologéa. In de sto tép, co i sólcc di scolàr, a l' pöl vìv fò del contròl di ütorità söperiùr de la cesa. L è chechissé che l' à conossìt l' Eloisa, neuda de ön canonègh de Nôtre-Dame, ol Fölbèrt, che l' Abelard a l' ìa deentàt maèst a sissapaga. La Sità Basa l'è la part piö granda de Bèrghem. Lè i gh'è ol Cümü, la proìncia e la prèfetüra. La part céntral l'è facia de Pórta Nöa e dal Senterù che öna ólta l'era la stassiù di baghér. La strada piö imporanta de Bèrghem l'è vial Papa Gioàn XXIII, che 'l va de la stassiù 'n fena a Porta Nöa. Söl Sentierù gh'è ol Téater, dédicat a Gaetano Donizetti. Ün óter laùr de èt l'è ol monümét ai partigià, de Giacomo Manzù. »

Il tutto deve essere letto e pronunciato urlando come ossessi, come nella migliore tradizione pergamea (quindi, ad esempio, la frase oggi sono stato al mercato a comprare il salmone affumicato va detta PÒTA, ENCÖ ME SÓ STÀCC AL MERCÀT A CUMPRÀ OL SALMÙ FÜMEGÀT, NEH, PÒTA!) Se invece siete sotto sotto un po' terroni (o terù) e quindi non avete lo sbatti di far nulla, neppure di imparare un poco di vernacolo, la soluzione delle vostre pene si riassume in una sola parola. Grazie a essa potrete rispondere a qualsiasi frase rivoltavi in Bergamasco, e uscirete da qualsiasi conversazione con la certezza di non aver fatto brutta figura. Insomma, alla pari di bella (come dice quel gran poeta nonché cantante nonché persona nonché corpo che è Brusco), questa parola è un passepartout.

Ma che parola è?, vi chiederete voi; la risposta è semplice: pòta. Questa parola ha difatti la stessa gamma di significati del verbo greco ghignomai (come saggiamente potrà ricordare qualsiasi studente del Liceo Classico). Trai suoi svariati corrispondenti in Toscano annoveriamo:

  • Pòta (ebbene sì).
  • Mona.
  • Moana.
  • Figa.
  • Accidenti.
  • Insomma.
  • Imperciocché.
  • Hai ragione.
  • Questi son cazzi miei.
  • Capita.
  • La vita va anche così, mica tutti nascono ricchi con le ancelle che ti fanno aria con le piume di struzzo del Guatemala.
  • Quadro del Louvre.
  • Crisi di Gaza.
  • Governo.
  • Governo ladro..
  • Merda.
  • Fiki fiki.
  • Animalisti fottuti.
  • Ned Flanders deve morire.
  • Ghignomai.
  • Fare liste stupide è un tormentone di Nonciclopedia, una cosa poco originale, mi spiace, ma che cosa ci si può fare, c'è chi nasce con l'originalità innata chi invece ha un umorismo pari a 0,006273859, pazienza.

Chiaro? E ora, andiamo tutti a fà i Bergamàsc, pòta!

El Bresà

In effetti non c'è molto da dire. Se avessi scritto prima del Bresciano (eh sì, bresà vuol dire bresciano) e poi del Bergamasco, e quindi se questo paragrafo non fosse dedicato alla parlata della Leonessa d'Italia ma a quella della Capitale della Lega, mi troverei a ripetere in ogni caso In effetti non c'è molto da dire. Infatti, checché ne dicano linguisti e dialettofoni (condizioni che solitamente coincidono), il Bresciano e il Bergamasco sono esattamente la stessa cosa. Fatevene una ragione. L'unico, trascurabile, dettaglio è che alcune varianti dialettali possiedono l'innata capacità di trasformare la s in h. Questa particolarità ha segnato la nascita di un gemellaggio culturale tra Toscana e Val Trompia.

Al Cremasch

'Ste bòn, 'ste bòn.

Se vogliamo fare un confronto tra la storia di Cenerentola e delle sue sorellastre nel periodo in cui le sorellastre se la spassavano ignorando quasi completamente la nostra povera eroina e quella dei dialetti lombardi orientali, possiamo affermare che il Cremasco fa la parte di Cenerentola. D'altronde, già da tempo la città di Crema è stata soppiantata come faro culturale della sua zona dalla più ben grande Cremona, e anche la sua gloriosa parlata risente di questa parabola discendente.

Tra l'altro, la città di Crema non è molto nota, se non per essere la protagonista di un paio di leggende menzionate in un passo (qui proposto) di un trattato rinascimentale:

« [...] Un uomo, privo di soldi, dovendo andare a Crema, si vide costretto ada andarci a piedi. Ma, mentre camminava lungo i bordi dell'autostrada, si rese conto dell'utilità di quella tecnica comunemente chiamata autostop. Dopo vari tentativi, alfine riuscì ad attirare l'attenzione (nonché muovere a pietà) d'un automobilista altruista. Questi, fermatosi, gli aprì la portiera, e gli disse:

-Serve aiuto?
-Sì, grazie, molto gentile! Per caso lei va a Crema?
-No, guardi, questa macchina va a benzina!
[...]
Arrivato nella città della filzetta, l'uomo s'avvide del fatto di non possedere una cartina né per fumare, né per vedere che strada dovea fare per raggiungere il luogo di quella città ove in effetti era diretto. Ma essendosi oramai impratichito nel chiedere aiuto, cominciò a fermare delle persone, nella speranza che fossero indigene del luogo. Ma con tutte le persone che trovò, si registrò il seguente dialogo:
-Ehm, scusi, lei è di Crema?

-No, sono in carne e ossa, che domande! »
(Paolo Meneguzzi, Dell'utilitate et della convenientia de' pennarelli per gl'infanti in etate prescholare)

Poi comunque la storia va avanti, e lui si tromba una gran gnocca.
Ma non divaghiamo troppo. Fatto sta che il Cremasco è un po' la variante terrona del Bergamasco e del Bresciano. Ecco. Ho detto tutto. Come sarebbe a dire che ho divagato troppo per dire 'sta minchiata? Non è assolutamente vero, e sfido chiunque a dimostrare il contrario! Quando dicevo ma non divaghiamo troppo sono stato frainteso, è in atto una mistificazione delle mie stesse parole, ma porco Giuda, io mi ascolto quando parlo, so bene quello che dico, e di sicuro non dico puttanate, sennò non parlerei, mentre VOI invece non ve ne fregate assolutamente, parlate così alla cazzo, e cosa vuol dire che sto cambiando discorso? Vedi che avevo ragione? Ma non si può parlare in questa maniera, con gente che fa un uso così scorretto della parola, dovreste vergognarvi, ma siete mai andati a scuola? Cosa vi hanno insegnato i vostri professori, a ruttare, forse, immagino, d'altronde la scuola italiana fa talmente schifo che può anche darsi che io abbia centrato in pieno, anzi, sicuramente è così! Ma varda on poo tì con chi gh'hoo de parlà, con 'sti ingnorant che sann nanca 'sa voeura dì "ermogeniano"!




Vabbè, dai, stavo scherzando.

Il momento della cultura: la saggezza popolare lombarda attraverso i suoi proverbi

Se comincia a parlare annuisci a intervalli regolari e scappa appena possibile.

Citando la famosa legge matematica di Lollophout-Karénzich:

Tanti dialetti => tanti proverbi => tanta saggezza popolare.

E, come abbiamo visto, il Lombardo è ricco di proverbi (e di solito, inoltre, anche un Lombardo nel senso di persona è ricco; per questo si dice che a Nord sono ricchi e a Sud sono poveri, se non si conta l'esigua minoranza di ricchissimi boss mafiosi, ma noi stiamo considerando qui solo le due categorie di ricchi e poveri, tralasciando quella dei ricchissimi).
Viene pertanto ivi presentata un'antologia di proverbi (in milanese: proverbi; in bergamasco: proèrbe) che potranno far capire la vastità e il valore di una antica cultura da molti ignorata, se non disprezzata:

  • Mej on ratt in bocca al gatt che on òmm in man a l'avvocatt

Proverbio coniato da Berlusconi quando s'è reso conto che i suoi avvocati non solo non riuscivano a difenderlo in maniera soddisfacente nei suoi mille processi (e che anzi finivano per essere processati anche loro), costringendolo a dover ricorrere alle da lui odiate leggi ad personam, ma che anche gli avevano ciulato una barca di soldi, obbligandolo dunque per potersi rimborsare ad aumentare del 786% la pubblicità su Mediaset. Perché Lui in realtà è bello e buono. Che in Greco Antico si dice kalòs kagathòs. Che in Greco Moderno si dice kalòs kagakàzzos.

  • Voeuja de lavorà, saltem addòss che mi me spòsti

Per dimostrare che i terroni ci sono anche al Nord. Oppure che la voglia di lavorare è così, diciamo, in sovrappeso che se ti salta addosso come minimo ti spacca le braccia, quindi è meglio avvertirla che se prova a fare stronzate del genere non si deve aspettare che qualcuno poi la prenda al volo. Tanto per chiarire le cose.

  • Ò de castan ò de nos, ògnidun gh'ha la soa cros

Perché scegliere il legno della propria croce da un solo tipo d'albero, perdiana? Questo proverbio dimostra la tipica tolleranza lombarda nei confronti del legno (e probabilmente anche nei confronti delle seghe). Certo, però, che poi non si deve rompere il cazzo con storie del tipo Eh, ma io non la volevo, la croce, ci ho ripensato, mi fa male un po' la spalla.... Eh no! Ti sei voluto la croce? Hai potuto sceglierla di farla col più fottuto tipo di legno che volevi? E adesso te la porti, stronzo!
Va anche detto che in ambito scolastico, si potrebbe parafrasare questo proverbio in Ò de plastega ò de compensaa (che l'è on poo come 'l legn ma nanca tròpp) ògnidun gh'ha el sò banch. Ecco, il significato è simile.

  • L'erba de l'alter l'è semper la pussee bona

Proverbio introdotto dopo la scoperta della Giamaica e delle sue colture. Va detto che esse furono portate per la prima volta a Milano verso l'inizio del '500, ma che per lungo tempo furono di esclusivo appannaggio dell'aristocrazia e della classe dirigente, sia spagnola che austriaca (e celebri erano i motteggi che al tempo i poeti della corte milanese rivolgevano ai vicini piemontesi "ch'avean soltanto la Gianduia, que' sfigati"). Il popolo e la borghesia, invidiosi, sopportarono per secoli questa grave ingiustizia, fino a che, dopo le Cinque Giornate, si trovarono con la città vuota. E allora via al saccheggio! Erano così rinciuliti che non opposero praticamente resistenza quando qualche mese dopo gli Austriaci tornarono a occupare la città. Ma ride bene chi ride ultimo, perché gli Austriaci, infuriati dal fatto che le riserve accumulate in trecento anni erano state COMPLETAMENTE ESAURITE scatenarono per rabbia una durissima repressione. Ma nei cuori del popolo meneghino quei giorni di ebbrezza furono ricordati tra i più felici di sempre.

  • Bosia e giurament quaj voeulta hinn bon parent

Eh sì, perché la sig.ra Bugia e il sig. Giuramento vivono una contrastata storia d'amore. Si sono sposati tipo nel '76, poi si sono lasciati, poi si sono rimessi insieme, poi hanno fatto un menage à trois con Ambiguità, poi si sono messi insieme loro due di nuovo, poi si sono lasciati per qualcosa come vent'anni. Ma non lo hanno ancora detto ai loro genitori, così tutti gli anni a Natale fanno finta di essere ancora sposati (Bugia lo fa perché le piace mentire, Giuramento invece perché ha promesso di farlo una volta che era ubriaco fradicio - ma non è che un giuramento vale di meno se ti sei bevuto qualcosa tipo 73 bottiglie di birra, no?). E così qualche volta sono buoni parenti.

  • Chi comanda fa legg

Perché una volta si erano confusi, così l'hanno messo per iscritto e adesso sono 372 anni dall'ultima volta che se ne sono dimenticati.

  • San Gioann fa minga ingann

Questo è un proverbio della zona di San Giorgio su Legnano. E infatti i Sangiorgesi soffrono per il fatto di vivere in un comune intitolato a un santo che forse non era un cavaliere come si dice, forse non ha ucciso un drago come si dice e forse addirittura non è mai esistito proprio. Invece San Giovanni (che batte le castagne, le batte troppo forte da far tremar le porte), lui sì che è un santo affidabile, porca vacca!

  • Se te voeuret viv san e content, sta on poo lontan di tò parent

Specialmente dalle suocere.

  • Chi mal intend, pesg respond: inscì fann i asen de tutt el mond

Ossia: gli asini possono rispondere male quando fraintendono (o sono fraintesi), ma noi no. E questo, signori miei, è un chiaro esempio di discriminazione nei confronti del genere umano. Cioè, gli asini possono fare delle cose e noi no? Ma roba da matti!

  • A ülìs bé, se spènt negót

Questo proverbio è stato formulato quando a Bergamo non erano ancora arrivate le peripatetiche e quindi in effetti volersi bene, amarsi, non comportava necessariamente una spesa. Insomma, a volersi bene non si spendeva nulla. Sebbene ormai sia desueto, questo proverbio ci porta la testimonianza d'un'epoca forse meno avanzata, ma al contempo più pura, ingenua e felice, un'epoca in cui a Bergamo per divertirsi non era necessario andar per forza a puttane, ma si poteva andare semplicemente al bar a bestemmiare (retaggio d'una lunga dominazione veneta) oppure andare a sparare agli immigrati.

  • Mej avè i pantalon rott in del cuu, che il cuu rott in dei pantalon

Saggio proverbio milanese, che insiste molto sul fatto che c'è ben peggio che avere i pantaloni bucati nei pressi del coccige.

Ma è proprio da Bergamo che viene forse il più importante lascito della cultura orale lombarda, che per la sua universalità può essere facilmente compreso da ogni nazione, ossia:

A l' tira piö ü pél de pòta che sènt caài ch'i tròta.

Amen.

Il momento della cultura: la letteratura lombarda

Si sa, tutte le lingue regionali del nord Italia hanno avuto nei secoli una posizione privilegiata rispetto al Toscano. È, ovvio, considerando l'alta opinione che avevano i letterati e gl'intellettuali delle lingue popolari e non destinate a una schiera di pochi eletti in parrucca. Ciò ha originato la fioritura di una ricchissima tradizione letteraria in tutto il nord, di gran lunga superiore a quella in Italiano. Mettiamola così: se in Italiano si scrivevano cosette del genere

« Canto l'arme pietose e 'l capitano

che 'l gran sepolcro liberò di Cristo.
Molto egli oprò co 'l senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi s'oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popol misto.
Il Ciel gli diè favore, e sotto ai santi

segni ridusse i suoi compagni erranti »

In Lombardo venivano prodotti capolavori d'ingegno quali:

« E mì la dònna bionda la voeuri nò

E mì la dònna bionda la voeuri nò
Tucc i pret ghe fann la ronda
E mì la dònna bionda
E mì la dònna bionda
Tucc i pret ghe fann la ronda

E mì la dònna bionda la voeuri nò. »

Ma anche:

« La bella la va al fosso

Ravanell, remolazz,
barbabietol e spinazz,
daghela al teron.
La bella la va al fosso
al fosso a resentà

al fosso a resentà. »

L'Italiano ha sofferto per secoli di questa sua inferiorità culturale. Ora il confronto però non è così impari, anche grazie a validi artisti che hanno attuato una poderosa operazione di rivalutazione della lingua Italiana come lingua letteraria, e portando al successo o libri come Tre metri sopra il cielo , o canzoni di questo tenore:

« Dammi tre parole:
sole, cuore, amore »

D'altro canto, si sa che neppure la letteratura e la musica lombarda ha sempre avuto momenti di gloria come quelli di E mì la dònna bionda o La bella la va al fòss. Diversi autori, pur mettendoci tutta la buona volontà (sì, sì, come se bastasse solo la volontà... pfui!) con i loro testi e le loro canzoni hanno contribuito a gettare del discredito sulla dignità letteraria del Lombardo. Per fortuna sono stati pochi, ma affinché possano essere riconosciuti, evitati e denunciati anche dalle generazioni future, ne facciamo qui un elenco.

Note

  • Gentile signora Bardelli,

sono costretto a comunicarLe che suo figlio Marzio ha per l'ennesima volta contravvenuto alle mie ripetute richieste di piantarla di picchiare il suo compagno di banco con la scusa eh, tanto è uno sfigato. Di fronte a tali ripetute mancanze di rispetto e nei confronti del docente (vale a dire io) e nei confronti del compagno, mi trovo a chiederLe un colloquio per discutere di eventuali provvedimenti disciplinari nei confronti di Marzio.
Distinti saluti,
R. Pecoreccio.

  • L'alunno C. chiede di uscire dall'aula per andare in bagno e ritorna dopo venti minuti. Di fronte alla richiesta di perché tale ritardo, C. risponde che doveva mettersi a posto l'apparecchio, benché puzzasse palesemente di fumo.

Voci correlate

Varda anca

Plìs, visit aur templeit; bat plìs, rimember det LAIF IS NAU !

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Neolingua italica BimbominkieseNeolingua del TGLatino degli atteggioniISO 639-3: Xke'Svizzero
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