I Gufi

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« Domani la Juve vince! »
(I Gufi.)
« Stai tranquillo, l'esame andrà bene! »
(I Gufi.)
« I peggiori nemici dell'Italia. »
(Matteo Renzi sui Gufi.)
Scappa! Scappa, prima che ti vengano a prendere!

I Gufi sono stati un gruppo di menagrami meneghini che, col loro fare iettatorio, hanno terrorizzato i palcoscenici italiani per circa cinque anni (sempre troppi, sempre troppi!).

Il nome

Il gruppo nasce come cover band di celebri canzoni della Disney sicché (in armonia con l’esterofilia montante nei primi Anni Sessanta), aveva pensato di chiamarsi "He, Goofy", in onore del simpaticissimo e buffissimo amico di Mickey Mouse. Successivamente, in seguito a duri contrasti interni e al temporaneo ingresso di Marco Masini nella line-up, il nome fu mutato nel più italico "I Gufi".

Invero i Gufi hanno sempre contrastato con decisione qualsiasi collegamento con la jella, come ebbero a dire a più riprese anche in televisione:

« No, volevo rispondere a una ragazza che interviene sempre qui, venti mesi ormai, perché ha messo il dubbio che il concetto, il termine di "Gufi", sia un termine di porta rogna: invece, al contrario, secondo antichi scritti […], secondo le più quotate enciclopedie, il gufo è simbolo di saggezza, escluso l’allocco. Ci sono varie forme, no? Esiste il gufo reale, poi c’è il dugo bubo, che è un’altra varietà, e poi c’è l’allocco, che è proprio il fesso della compagnia, capito? Ma in genere il simbolo, cioè il disegno, il simbolo, il concetto di gufo è "saggezza".[1] »
(Nanni Svampa c'insegna come arrampicarsi sugli specchi facendo uso delle cultura.)

Tutto ciò è molto bello ma trova felicemente una smentita in testi eccelsi quali:

« Si può morire dicendo "Ave Maria"

Si può morire gridando "Mondo porco!"
Si può morire per un sorpasso storto

O sotto il fuoco della polizia
 »
(Si può morire)

Inutile dire che il testo è proprio di Nanni Svampa.

La formazione

Tralasciando la saltuaria partecipazione di personaggi quali il succitato Masini, Gandalf Corvotempesta e Cassandra, per tutta la sua storia il gruppo ha visto purtroppo sempre gli stessi componenti, ognuno con un nome in codice e una precisa funzione.

  • Nanni Svampa, il cantastorie, che aveva il compito di blaterare in Milanese per terrorizzare il pubblico.
  • Roberto Brivio, il cantamacabro. E credo non ci sia nient’altro da aggiungere.
  • Gianni Magni[2], il cantamimo, che aveva il compito di spaventare i grandi e i piccini con smorfie e boccacce di vario tipo.
  • Lino Patruno, il cantamusico, che in quanto terrone suscitava terrore [3].

Storia del gruppo

Le origini

Lino Patruno fa un assolo di banjo.

I Gufi si sono formati nel classico modo in cui si formano tutte le band del globo terracqueo: quattro personaggi avidi e senza scrupoli si mettono in società per spillar fuori quattrini a dei fessi che vengono ad ascoltarli mentre si esibiscono su un palco.
Si proposero quindi di divenire un gruppo di musica pop che con il proprio repertorio ispirasse ed esaltasse le folle dei giovani, aprendo peraltro una nuova eccezionale stagione nella scena musicale mondiale.

Sventuratamente però si dovettero render conto di alcuni piccoli particolari:

  • C'era un quartetto di Liverpool che si era già portato abbastanza avanti in questo senso.
  • Vivevano in Italia, nota patria di popstar a livello mondiale.
  • Vivevano a Milano il che, comunque la mettiate, è sempre un handicap.

Vedendosi praticamente bruciare davanti agli occhi il loro grande sogno, i Fab Four nostrani (anzi, i Quater Favolus) passarono al Piano B: spargere terrore, miseria e morte col loro repertorio e le loro esibizioni. Adottarono perciò un look all black (anzi, tutt negher), con tanto di bombetta e occhiali da sole e si apprestarono nella loro trista impresa.

Il successo

Stranamente, date queste premesse, il successo non arrivò subitissimo.
Tuttavia in quel periodo i cantanti e i comici milanesi vivevano un periodo di notorietà[4], e dunque era ormai costume alla RAI di invitare ad esibirsi chiunque potesse sfoggiare un minimo di accento meneghino. I Gufi dovettero semplicemente fare della violenza psicologica su Lino Patruno, in modo che sapesse dire perlomeno Ueilà, Usti o Ussignùr, dopodiché il gioco fu fatto. Dovete sapere, cari lettori, che il mondo della televisione non è molto cambiato dagli Anni Sessanta: basta che un pirla appaia in televisione per qualche secondo ed è una celebrità[5]. Considerando che I Gufi apparvero per diversi minuti, il loro successo fu stratosferico. Inoltre, grazie al loro sapiente e astuto uso del dialetto, ne approfittarono per:

  • Rivolgere frasi gravemente ingiuriose nei confronti dello staff tecnico addetto alle registrazioni televisive.
  • Lanciare pesanti apprezzamenti di natura sessuale alla figlia del presidente della RAI.
  • Propagare messaggi politici e non, contrari alla morale dell'epoca.
  • Rivelare misteri coperti dal Segreto di Stato.
  • Mandare messaggi satanici.

Inoltre si distinsero per la disinvolta capacità con la quale sbagliavano il playback:


Che dire, un modello per le celebrità odierne.

Lo scioglimento

Parallelamente alle esibizioni televisive, i Gufi seguitarono a percorrere in lungo e in largo la Penisola con le loro esibizioni e realizzando per giunta una generosa quantità di album[6]. Per essere ulteriormente più deleteri e perniciosi, i quattro rivelarono il loro essere dei sovversivi, dei comunisti e dei disfattisti, con l'unico intento di corrompere la gioventù con falsi valori e dunque portare al disgregamento della società occidentale così come la conosciamo noi. Ne sono testimonianze canzoni come questa:

« Non spingete, scappiamo anche noi!

Alla pelle teniam come voi:
meglio esser vecchi e figli di boia

che far l'eroe per Casa Savoia[7] »
(Non spingete, scappiamo anche noi.)

ma anche

« Che bello quando le barche

si chiamavano Rosina o Anna
ed io andavo sul lago

tre mesi da mia nonna! »
(Che bello!)

il cui significato recondito credo sia palese a tutti[8].
Fortunatamente la Forze della Reazione erano vigili e pronte al contrattacco, essendo dotate della più tremenda arma in circolazione in Italia: le polemiche. Essendo travolti da un'ondata di queste terribilissime contromisure, i Gufi cominciarono a mostrare segni di sbandamento e di discordia interna finché, al grido di Non spingete, scappiamo anche noi (celebre canzone di un gruppo cabarettistico milanese di quel periodo chiamato I Gufi, che ha fatto scuola nel suo genere e nella storia della canzone d'autore milanese e italiana), diversi membri del gruppo se ne scapparono a gambe levate, provocando in tal modo lo scioglimento della band. Era il 1969, e il Terrore instaurato dai Gufi era durato ben cinque anni. Ironia della sorte, l'anno successivo si sciolsero anche i Beatles, duramente sconvolti dalla tragica conclusione dell'avventura musicale dei loro acerrimi ma cavallereschi rivali. Parimenti, Jimi Hendrix e quella bella tosa della Janis Joplin entrarono in depressione e in giro a qualche mese passarono a miglior vita.

Un po' di altre notizie

In seguito allo scioglimento del gruppo, davanti agli oramai ex-Gufi si aprivano gli Anni Settanta: e, da grandi musicisti e uomini di spettacolo quali erano, vi ci entrarono con lo spirito tipico delle rockstar, al pari degli Who e dei Led Zeppelin.

Comunque, a parte gli scherzi, questo decennio offrì loro diverse opportunità lavorative abbastanza gratificanti:

  • Gianni Magni entrò di prepotenza nel mondo dello show business, interpretando spettacoli teatrali, scrivendo canzoni mirabili[9] e dirigendo film come Una 44 Magni per l'Ispettore Callaghan.
  • Roberto Brivio... boh, non lo so, c'era scritto qualcosa su Wikipedia riguardo a delle robe teatrali... insomma fece quelle cose che agli occhi di tutte sono noiosissime e che per chi le vive in prima persona sono invece bellissime e interessantissime.
  • Nanni Svampa, divenuto il Bardo della milanesità, mise su disco (con ritmi industriali) tutto il repertorio musicale lombardo dai tempi di Celti sino ai suoi giorni; non contento, tradusse l'opera omnia di Georges Brassens in Milanese[10], e ridoppiò Via col Vento in Milanese[11].
  • Lino Patruno si ritrovò ad accompagnare musicalmente lo Svampa che, da buon milanesone cont el coeur in man, aveva deciso di non lasciare sulla strada quel poveraccio d'un calabrese, oramai senza lavoro. Insieme, imperversarono per gli studi televisivi e per i palchi teatrali per tanti anni ancora, per la disperazione di molti. Per esempio, terrorizzavano i bambini con canzoni truculente su uccelli morti, come quella che è mostrata qui sotto:

La reunion

Nel 1980, come sa anche Mark David Chapman, John Lennon fu ucciso da Mark David Chapman.
Nel 1981, per delle ragioni che non c'entrano assolutamente niente con questo spiacevole episodio, i Gufi, sollecitati da amicizie comuni e dagli avvocati, furono convinti a riunirsi. L'occasione per tale reunion fu offerta dalla proposta di condurre una trasmissione su nientepopodimeno che ANTENNA 3. Dovete sapere, cari lettori, che il mondo della televisione non è molto cambiato dagli Anni 1981: se ti propongono di avere un tuo programma, tu getti dietro di te il passato e ti presenti subito dinanzi alle telecamere[12]. Perciò, i quattro iettatori menagrami tornarono insieme ancora una volta.
Durante quegli epici giorni, i Gufi dimostrarono con orgoglio quanto erano invecchiati: Nanni Svampa era ingrassato, Roberto Brivio perdeva capelli, Gianni Magni aveva i capelli lunghi e Lino Patruno era rimasto calvo. Testimonianza eloquente del loro essere invecchiati fu che passarono tutto il tempo a cantare canzoni da osteria o canzoni del loro vecchio repertorio, urlando e biascicando come dei vecchi ubriaconi di una qualsiasi bettola od osteria della Provincia di Milano. C'è chi dice che fosse solo una finta, ma questo dimostrerebbe soltanto che pure la loro perfidia era aumentata.
Se vi può in parte consolare, sappiate che la loro capacità di sbagliare il playback rimase inalterata:


Erano così invecchiati che nel 1982 non si ricordarono più che si erano riuniti e ciascuno proseguì per la sua strada.
Nel 1992 Gianni Magni era così vecchio (pensate: 51 anni!) che si dimenticò di vivere e morì.

Al giorno d'oggi

I tre Gufi ancora in vita: Roberto Brivio, l'uomo romantico e sensibile all'arte; Nanni Svampa, il milanese preciso e tutto d'un pezzo; Lino Patruno, il terrone.

Al giorno d'oggi, ciascuno degli ex Gufi fa quello che più gli riesce meglio: Roberto Brivio fa quelle cose noiose di cui sopra; Lino Patruno, jazzista molto famoso[13], suona spesso e volentieri con afroamericani, in nome dell'amicizia che lega tutti i popoli sfortunati (in questo caso, i terroni e i negri); Nanni Svampa continua a fare il milanesone e, sebbene fieramente comunista, viene idolatrato ed esaltato dai legisti[14]; Gianni Magni... cazzo, vi ho detto che è morto vent'anni fa, ma siete sordi?!

Il repertorio

Il repertorio dei Gufi è, sventuratamente per chi deve recensirlo, estremamente copioso, variegato, bello e interessante.
Possiamo però ascriverlo in alcune grandi categorie:

  • La canzone milanese, atta a seminare confusione linguistica all'interno del paese, come una novella Torre di Babele. All'occorrenza, se mancava qualche canzone, ci pensava Svampa con crearne di nuove appositamente per gli spettacoli. In genere poi i testi di queste nuove composizioni, se tradotti, ti portavano alla depressione e al suicidio.
« Gh'è anmò on quaivun

che 'l gh'ha nò la Ses'cent
e che 'l dorma per terra
cont on mucc de gent.
Gh'è anmò on quaivun
che 'l finiss de morì
intant che 'l gira a cercà

on bus in ospedal. »
(Gh'è anmò on quaivun)
  • La canzone macabra, atta a seminare il terrore, la paura e il panico tra gli astanti. Professionista di questo genere era Roberto Brivio, il quale in seguito offrì anche consulenze a George Romero per la sceneggiatura di alcuni film.
« Oggi sono molto contento:

scavata profonda ho una fossa,
dissotterravo le ossa

di un morto dieci anni fa. »
(A contentely beckin' story)
  • La canzone di protesta, atta a diffondere l'ideologia staliniana, e quindi il disgregamento della società.
  • La canzone umoristica, atta a rincretinire la gente e renderla più docile agli ordini del complesso.

L'eredità

Ci sono molti artisti, comici e cantanti che al giorno d'oggi rivendicano l'eredità del gruppo milanese e hanno fatto tesoro della loro esperienza. Il tutto per non dire chiaro e tondo che hanno fatto i soldi riciclando le loro trovate.

Note

  1. ^ reperto video, dal minuto 2.51.
  2. ^ Il quale era anche chiamato giustamente Barba Gianni.
  3. ^ E diciamo che la sua calvizie precocissima non aiutava.
  4. ^ Destinato a essere offeso e vilipeso qualche anno dopo da Massimo Boldi.
  5. ^ Non accusatemi di moralismo: l'ha detto Lele Mora, mica io!
  6. ^ Il che ha dato un decisivo sviluppo agli studi scientifici a livello internazionale sulle tendenze masochiste insite nella popolazione italiana.
  7. ^ Oltretutto qui si fa pure spregio dell'intelligenza del pubblico, in quanto lo sapevano anche i sassi che i Savoia non erano più in Italia da quasi vent'anni.
  8. ^ E che per giunta non è in rima.
  9. ^ Come questa, per intenderci.
  10. ^ divenendo così una sorta di Fabrizio De André di Porta Venezia
  11. ^ Facendo lui tutte le voci, ovviamente.
  12. ^ E non pensate che io lo dica per moralismo: Morgan, per esempio, dice sempre di non voler fare più X Factor e l'anno dopo invece ci torna sempre.
  13. ^ Non l'ho detto prima perché non mi sembrava molto importante ai fini della storia dire che Lino Patruno ha musicato e arrangiato gran parte del repertorio del gruppo.
  14. ^ Forse la punizione più amara per le sue malefatte.


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