Giorgio Gaber

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« I vecchi bisogna ammazzarli da bambini »
(Giorgio Gaber sui vecchi)
« Bisogna essere prudenti quando ci si ammazza. Sennò si fanno delle figure! »
(Gaber in uno dei rari momenti di tristezza)
« (...) Ma per fortuna che c'è il Riccardo/che da solo gioca al biliardo/non è di grande compagnia/ma è il più simpatico che ci sia (...) »
Giorgio Gaber impegnato nel cosplay del suo amico Adriano Celentano.

Giorgio Gaber nacque il 25 gennaio 1939 e non si sa se i suoi abbiano ringraziato Dio o abbiano imprecato. Venne in seguito portato in una serra-chiesa dove tra sorrisi e complimenti prese i primi sacramenti.

La famiglia

La sua famiglia aveva un audience altissimo. I suoi genitori, due vecchi intronati, una volta si sono insultati per mezz'ora a "C'eravamo tanto amati", al punto che suo zio Evaristo si nascose per la vergogna e fu segnalato a "Chi l'ha visto?". Ma l'esperienza televisiva della famiglia Gaber non finisce qui: suo fratello lavorava come morto alla trasmissione "Telefono giallo" dopo aver subito un trauma all'osso del collo, sua nonna Piera uccise l'amante con la lupara e si prese vent'anni a "Un giorno in pretura", lo zio Renzo che era analfabeta scrisse un romanzo. Da allora è sempre da Maurizio Costanzo insieme a Moccia.

L'istruzione

Quando era piccolo non stava mica bene, era anche molto magro e aveva sempre qualche allucinazione. A scuola aveva un vecchio professore -bravissima persona- che parlava in latino ore e ore. A questo professore dedicarono addirittura una statua, con la scritta:

« Professor Malipiero, una vita per la scuola »
(La targa sulla statua di pietra del professore)

Nonostante il buon esempio di tale professore, Gaber aveva problemi con l'algebra.


Come tutti, gli capitava di fare degli sbaglietti, delle sviste, tipo scambiare un più con un meno. E poi se li portava dietro, così dopo qualche riga iniziava già a vedere degli strani numeri, e si diceva "vabbè, prima o poi si semplifica". Man mano che sviluppava l'equazione iniziavano a vedersi strani numeroni e apparivano cose del tipo:



E non riusciva a semplificare. In fondo, non aveva letto il manuale apposito.

Aveva inoltre un'insegnante che gli bacchettava le mani STOK! STOK! e gli faceva venire certe nocche da brivido. Ogni tanto andava da un alunno e gli diceva

« Basta! Sei un negato! Non devi più scrivere! »
(L'altra maestra. Proprio un fortunello con gli insegnanti, eh ?)

Purtroppo Facci non ebbe la fortuna di avere un'insegnante così.

L'esperienza scolastica plasmò più avanti le sue idee sull'educazione, come vedremo in seguito.

L'opinione sull'informazione

L'opinione di Gaber sui telegiornali e sui telegiornalisti era inspiegabilmente molto negativa. Egli era convinto, pensate un po', che i giornalisti fossero dei cannibali che si buttano sul disastro umano col gusto della lacrima in primo piano, per soddisfare la fame di certi avidi sciacalli che da casa soddisfano la loro fame di miserie umane.


Ma questo è falso, ovviamente. Tutti noi sappiamo che i giornalisti sono coraggiosi campioni di imparzialità ed onestà intellettuale, in particolare Minzolini.

Giorgio Gaber stesso, poi, comprava di tanto in tanto 15 giornali, tra cui L'Osservatore Romano, per sapere se i decreti fossero passati. E nonostante questo sosteneva che i giornali fossero dei bordelli di pensiero dove si espongono opinioni stravaganti.

Ma si sa, le opinioni sono come i coglioni: ognuno ha i suoi.

Gli anni di piombo

Cossiga, basito dalla situazione, se na lava le mani.

Durante gli anni di piombo ci fu grande sgomento riguardo agli attentati, ai rapimenti, ai giovani drogati[1] e alle bombe. Molti si chiesero perché la reazione della classe politica fosse così blanda, finché Aldo Moro non fu ucciso dalle Brigate Rosse durante il ministero dell'abilissimo Francesco Cossiga, in seguito premiato con l'elezione al Quirinale per le sue capacità [2], evento salutato dal parlamento con lancio di gladioli profumati. Dopo l'uccisione di Moro la Democrazia Cristiana fu santificata, dimenticando facilmente come fosse la responsabile maggiore di vent'anni di cancrena italiana.

Gaber allora diventò Dio, d'altronde non si vede chi avrebbe potuto esserlo, e nei confronti dei politici fu severo come all'inizio, perché a Dio i martiri non hanno fatto mai cambiare giudizio. Inoltre, giudicò come porcheria il fatto che il brigatismo militante fosse giunto dritto alla pazzia.

Come Dio non era male, tirava degli schiaffi che appiccicavano al muro, stramalediva gli Inglesi e stava sempre impegnato a spiare, anzi, a giudicare che cosa faceva la gente. Era pure molto intero e distaccato e si pentì di aver mandato giù suo figlio che era stato interpretato combinando un casino enorme.

Verso gli ultimi anni del suo mandato da Dio preferì ritirarsi in campagna, perché era ipermetrope e la Terra la vedeva piuttosto da lontano.

L'Italia

Gaber aveva compreso l'Italia molto meglio del filosofo Wittgenstein. Questo paese c'è e non c'è, come il gatto di Schrödinger, qualsiasi cosa significhi, e possiede una giustizia estremamente riflessiva, che riesce a emettere una sentenza nel giro di pochissimi eoni. La legge italiana cerca di non disturbare l'onesto lavoro del contrabbandiere e scherza con le persone che non mettono le cinture. La libertà del Bel Paese non si ferma qui, e ai giornali è permesso scrivere di tutto senza essere sfiorati dall'idea del vero[3]. In compenso nei tribunali e in archivi segreti c'è la storia d'Italia, di tutti i partiti, e siccome nessuno è senza peccato si può ricattare tutto lo stato. O in alternativa sputtanarlo e basta.

In Italia la politica è basata sul dialogo, e per mettersi d'accordo si ruba onestamente. Le persone non abbandonano mai il gusto di sentirsi soli e cambiare idea quando inizia ad avere un po' di diffusione.

Tuttavia fu uno dei pochi intellettuali a ricordarsi del Rinascimento e a capire che se fosse nato in altri luoghi gli sarebbe potuta andare peggio.

L'educazione

Suo figlio, allevato da padre perfetto, trascorreva intervalli felici e divideva armoniosamente il proprio affetto tra il computer e il gatto. Provò spesso a trasmettergli gli slanci e le passioni ardenti che l'avevano mosso in gioventù o almeno qualche antica forma di ironia, ma si rese ben presto conto che il 17 e il 68 per lui erano soltanto numeri del lotto.

Smise dunque di cercare di trasmettergli la sua morale e si limitò a cercare di dare fiducia all'amore.

Morte e funerale

A un certo punto, il 1° gennaio del 2003, per la strada gli cadde un vaso di fiori sulla testa. Non morì, ma si spaventò e si disse

« Tu, Giorgio Gaber, ricordati sempre che breve è la vita. Ormai cominci ad essere anziano, e quindi ricordati: i vecchi bisogna ammazzarli da bambini. »

Al momento attribuì questa defaillance a un precoce rincretinimento senile, poi però cambiò idea e, ricordandosi che doveva farlo, morì. Al suo funerale, tra un convivere civile e un abbraccio generale, ci fu anche chi pianse veramente.

Curiosità

  • È una delle poche persone universalmente considerate geniali vissute dopo la guerra che non abbia avuto problemi di droghe o alcol.
  • Non ha nulla a che vedere coi gabber, caso evidente di typosquatting.

Note

  • Piripì
  • Perepè
  1. ^ I giovani drogati ci sono ancora, in realtà, ma non fanno più sgomento a nessuno.
  2. ^ per esempio la trasformazione dell'ossigeno in anidride carbonica
  3. ^ Dino Boffo ne sa qualcosa...


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