Fernando Tambroni

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« Per voi e per gli amici: Tambroni! »
(Uno degli slogan pro Tambroni.)
« Tambroni scelgo te! »
(Il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi affida a Tambroni l'incarico di formare un governo.)
« Eh? »
(Reazione di un italiano a proposito della nomina di Tambroni.)
« Questi incidenti sono frutto di un piano prestabilito dentro il Cremlino. »
(Tambroni dà la colpa ai russi per i terribili fatti di Genova, nonostante sia stato lui ad incasinare tutto mandando la polizia a difendere il tentativo dei neo-fascisti di fare un congresso proprio in una delle città roccaforte dei "rossi".)


Fernando Tambroni Amaretto Armaroli (Ascoli Piceno, 25 novembre 1901Roma, 18 febbraio 1963) è stato un emerito signor nessuno filo-fascista, che entrato in politica per rastrellare qualche soldo facile si è ritrovato a fare il Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, cosa che per altro non gli è mai passato per la testa di fare.

Primi anni

Una foto segnaletica di Fernando Tambroni.

Dell'infanzia di Tambroni non ne sa niente nessuno, neanche lui ne ha mai saputo nulla; si sa però che è stato sin da giovanissimo un'esponente del Partito Popolare Italiano. Dopo l'instaurazione del regime fascista nel 1926, venne fermato dalla polizia per ubriachezza molesta, ma lui credendo di essere nel mirino dei fasci, per proteggersi la ghirba chiese e ottenne l'iscrizione al Partito Nazionale Fascista e allo scoppio della guerra fu arruolato nella Milizia contraerea, in qualità di proiettile.

Nel convulso triennio 1943-1945 per evitare di farsi linciare dagli antifascisti, si iscrisse alla Democrazia Cristiana, evitando chirurgicamente di partecipare a qualsivoglia azione della Resistenza partigiana. Alla fine della guerra quando i partigiani della DC reclamavano il loro posto all'Assemblea Costituente, Tambroni si fece avanti elencando con i rutti le sue grandi doti di politico, riuscendo non solo a farsi eleggere deputato, ma anche a farsi riconfermare in questa carica alle elezioni politiche del 1948, 1953 e 1958.

Tambroni ricoprì tutta una serie di incarichi di basso profilo fino al 1955 quando venne nominato Ministro dell'Interno; questa nomina non venne ben accolta dalla popolazione, specialmente dai meridionali: uno di questi, il boss della 'ndrangheta Salvatore Castagna, arrivò ad impazzire uccidendo cinque dei suoi compaesani in preda al delirio. A questo punto Tambroni per far vedere che non era un'imbucato dell'ultimo minuto, decise di inviare il prefetto di Trieste Carmelo Morzano, detto il Dobermann, a catturare il malavitoso, intimandogli anche di utilizzare gli stessi metodi che utilizzavano i fascisti negli anni '30 per contrastare la mafia. Il prefetto catturò quasi subito il latitante, grazie alla geniale idea di dare fuoco ai boschi in cui si era andato a nascondere; Tambroni dal canto suo venne salutato come il ministro degli Interni più determinato e meticoloso, ma anche più grintoso e spregiudicato, attirandosi voci a proposito di una presunta gestione non molto legale di dossier riservati, impiegati come Carta igienica.

Presidente del Consiglio

Cronologia dell'"elezione"

  • Il 26 marzo 1960 Fernando Tambroni, che si era messo in luce al VII congresso della DC del 1959 con un discorso "aperturista" nei confronti del centrosinistra, sostenendo che "le donne di sinistra la sganciano facile", ricevette l'incarico di formare un governo per sostituire quello dimissionario guidato da Antonio Segni. Quella folle scelta del Presidente Giovanni Gronchi è da inquadrarsi nella grave emergenza che si stava delineando in quell'anno, infatti c'era obbligatoriamente bisogno di un "governo provvisorio", in grado di consentire lo svolgimento della XVII Olimpiade a Roma, ma soprattutto di approvare il bilancio dello Stato per alzarsi gli stipendi.
  • L' 8 aprile, il governo monocromatico democristiano formato dal filo-fascista Tambroni ottenne la fiducia della Camera, con una maggioranza di soli tre voti (300 sì e 297 no) e con il determinante appoggio dei deputati missini. La circostanza causò le dimissioni irrevocabili e immediate dei tre ministri con il peggior cognome della DC: Bo, Pastore e Sullo.
« Tranquilli! A Genova la polizia ha la situazione sotto controllo! »
(Tambroni prova a vedere se sparandole grosse riesce a far calmare i manifestanti.)
  • L' 11 aprile, la DC si rese conto che mettere un filo-fascista come Tambroni al governo rischiava di essere una gran cazzata, così dietro esplicito invito del proprio partito, il governo rassegnò le dimissioni e il presidente Giovanni Gronchi assegnò l'incarico a quel viso d'angelo di Amintore Fanfani. Questi, tuttavia, dovette rinunciare perché non si era ancora del tutto ripreso dai colloqui di pace per la Crisi di Suez, dove il generale Nasser lo colpì inavvertitamente con una gomitata in un occhio durante un brindisi. A quel punto Gronchi, evidentemente rotto di quella situazione di stallo, anziché cercare una soluzione diversa, invitò Tambroni a ripresentarsi al Senato per completare la procedura del voto di fiducia.
  • Alla fine il 29 aprile, sempre con l'appoggio dei missini e con pochi voti di scarto, il governo ottenne la fiducia del Senato e Tambroni divenne a pieno titolo Presidente del Consiglio, rigorosamente non eletto dal popolo.

Le "riforme"

Una volta entrato nel pieno delle funzioni, il nuovo governo adottò una serie di provvedimenti, come ad esempio, la diminuzione del prezzo dello zucchero e della benzina, che furono interpretati da una parte dell'opposizione come dettati da scelte demagogiche; le facessero oggi questo genere di scelte demagogiche, specialmente con la benzina. Per cercare di tenere alto il profilo del nuovo esecutivo, Tambroni ordinò che venisse fondato l'inutile quotidiano filo governativo chiamato Telesera, diretto da quel finto socialista di Ugo Zatterin; il tutto ovviamente a spese degli italiani.

Fin qui per Tambroni le cose andarono discretamente bene, ma i veri problemi, quelli che di solito necessitano di veri statisti per essere risolti, non tardarono ad arrivare, nel caso del governo Tambroni il problema fu uno solo, ma assolutamente micidiale. In pratica nel 1960 i membri del Movimento Sociale Italiano decisero di tenere il loro sesto congresso nazionale a Genova, città decorata con la Medaglia d'oro della Resistenza, nonché roccaforte storica dei comunisti.

Tambroni da buon democristiano filo-fascista decise di fare orecchie da mercante sull'avvenimento, ma com'è logico aspettarsi i partiti di sinistra scesero subito in piazza a protestare, nel tentativo di farlo cadere e insediarsi sulla sua poltrona vacante. Tambroni, che era solito sbrigare le cose con i metodi spicci tipici degli ex militanti fascisti, scelse la linea dura, originando i noti fatti di Genova del 30 giugno 1960, in cui la città venne messa a ferro e fuoco. Non solo, le proteste si estesero rapidamente al resto del paese e il 7 luglio a Reggio Emilia, ci scapparono ben cinque morti tra manifestanti.

Alla fine non ci fu altra scelta che impedire il congresso del MSI, di conseguenza i missini votarono contro la legge di bilancio del governo, facendolo cadere. Tambroni temporeggiò fino al 19 luglio, sperando in un nuovo incarico da parte del presidente Gronchi, il quale lo aveva già forzatamente dimesso dalla carica da 12 giorni e senza neanche avvisarlo.

Ultimi anni

Alla fine della fiera il 26 luglio entrò a Palazzo Chigi un nuovo governo monocolore democristiano, guidato da Fanfani, il quale, quando si accorse che Tambroni era ancora nel suo ufficio in attesa di un qualche incarico, gli disse:

« Ma sei ancora qua te? Vai, vai, che c'ho da lavorare. »

Fernando Tambroni non ebbe più incarichi politici di rilievo, venendo consegnato al dimenticatoio. Meno di tre anni dopo alle imminenti elezioni politiche, chiamò il nuovo segretario della DC, Aldo Moro, chiedendogli se c'era qualcosa anche per lui, ma egli gli comunicò stizzito la decisione del partito di non ricandidarlo, con la motivazione che con uno come lui la sconfitta sarebbe stata assicurata; Tambroni la prese così male che morì di infarto. Anni dopo si fece avanti l'ipotesi che il rapimento e l'omicidio di Moro sia stato in realtà un regolamento di conti dei fedelissimi di Tambroni che volevano vendicare la morte del loro leader a seguito del cattivo comunicato del segretario democristiano, ma la questione venne subito archiviata come palesemente infondata: Tambroni non aveva seguito neanche da se stesso, figurarsi tra gli elettori.

Tambroni nella cultura popolare

In uno degli sketch comici in cui Fabio De Luigi interpretava Lucarelli, il comico avvicinandosi e indicando il consueto cartonato di un vecchio che non centra niente, affermerà: «Siamo negli anni '60 e governa: la Democrazia Cristiana», al ché uno della Gialappa's dirà: «Ma chi è quello? Tambroni?». Questa è l'unica citazione che lo statista Marchigiano abbia mai ricevuto.

Curiosità


Preceduto da:
La mummia democristiana

Presidente del consiglio
1960 - 1960
Succeduto da:
Fanfarone