Clan dei marsigliesi

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« Je suis un expert meurtrière. »
(Albert Bergamelli si presenta al boss del Milieu marsigliese.)
« Je suis un expert voleur. »
(Jacques Berenguer fa il suo ingresso nella banda.)
« Oui, je suis Catherine Deneuve. »
(Maffeo Bellicini entra nel clan buttandola in simpatia.)

Il clan dei marsigliesi, conosciuto inizialmente come banda delle tre B (per qualcuno dalle iniziali dei cognomi dei capi, per tanti altri da "Brigitte Bardò Bardò..."), era un'organizzazione criminale nata a Roma nel 1973, operante tra Francia, Italia e Terra di Mezzo, durante tutti gli anni '70. Furono in attività per otto anni, un tempo abbastanza lungo per accumulare un discreto bottino, ma un tantino corto per contare veramente qualcosa, la mafia agisce indisturbata dal 1800, tanto per dire.
Ebbero comunque il loro momento di gloria e lo vissero mantenendo volutamente un profilo basso. Infatti, in un periodo storico di grave crisi economica, che arrivò a meritare l'appellativo di austerity, un tizio che improvvisamente si intesta due o tre Ferrari (e un discreto numero di appartamenti di lusso) è del tutto normale. Il gruppo divenne un'autentica industria del crimine, il primo capace di esercitare un certo controllo sul territorio (che ubbidiva in modo diligente a vieni, seduto, terra, resta, piede), facendo fare un notevole salto di qualità alla piccola delinquenza di borgata romana.
Sulle origini del nome della banda si sono affermate due ipotesi, la prima che faceva riferimento alla provenienza francese di alcuni componenti, la seconda riguardava il loro peculiare modo di lavare i soldi sporchi col sapone profumato.

Storia

Dopo aver distratto le forze dell'ordine, ed effettuata la rapina con una ferocia inaudita, i marsigliesi lavano il denaro sporco alla loro maniera.

Antefatto

La storia della malavita romana, fino alla fine degli anni '60, racconta di una realtà fatta di strozzinaggio, contrabbando di cartongesso, traffico d'organi Farfisa, zecchinetta abusiva e piccole rapine, praticamente dei ravanelli. Una situazione frastagliata, fatta di boss di borgata che governavano il loro piccolo regno e che risolvevano i contrasti a zaccagnate[1].
In questo panorama, agli inizi degli anni '70, si registrò nella capitale l'arrivo di alcuni pregiudicati francesi, criminali con un impeccabile gusto nel vestire, raffinati nei modi e ottimi sommelier, insomma degli stronzi altezzosi che pensano di saper fare le cose meglio degli altri. A pensarci, avendo già scritto "francesi" prima, l'ultima parte è ridondante. Erano tutti del Milieu marsigliese, un cartello criminale considerato tra le più spregiudicate mafie europee dell'epoca, dopo la Democrazia Cristiana. Gangster di tutto rispetto, dediti soprattutto al traffico degli stupefacenti, erano già noti all'opinione pubblica, e alla polizia, per una spettacolare rapina messa a segno il 15 aprile 1964 nella centralissima via Montenapoleone di Milano. Otto banditi marsigliesi, guidati da Jo le Maire (detto "il sindaco") e il suo luogotenente Pepè le Moko (detto "GUARDATE, HA UN MITRA!!") irrompono armati in una gioielleria, uscendone con un bottino di duecento milioni di lire. Furono arrestati una settimana dopo, la consegna di ventordici casse di Dom Pérignon (e otto cestelli da ghiaccio in oro finemente cesellati a mano), in una baracca nei pressi dell'Idroscalo, mise gli inquirenti sulla giusta pista.

1973: le tre B

Secondo i bene informati, e una logica che tutto sommato regge, il nome iniziale della banda era dovuto alle iniziali dei cognomi dei tre fondatori: Bergamelli, Bellicini e Berenguer. "Ma chi erano questi marsigliesi?" Ora lo chiedo a mio cugi

La foto è vagamente attinente, ma una come Brigitte Bardot dove la metti sta bene.
  • Albert Bergamelli era tra gli "uomini d'oro" (come vennero battezzati nel '64) di via Montenapoleone. Originario di Vitry-sur-Seine, un comune vicino a Marsiglia quanto Pordenone lo è a Cosenza, entrò presto in contatto con la malavita organizzata. Le alternative sarebbero state: farsi prete (spinto dalla madre molto religiosa) o entrare in politica (raccomandato da suo zio); a conti fatti, erano tutte attività con elevata possibilità di commettere reati. Dopo aver dimorato nella maggior parte delle galere presenti sulla tratta Parigi-Firenze, nel 1973 fa perdere le sue tracce e si trasferisce a Roma, lavorando nella banda di Lallo lo Zoppo, ex campione testaccino di corsa campestre gambizzato da Franchino "er criminale". Qui conosce i futuri soci.
  • Maffeo Bellicini, detto Lino, è di origini bresciane ed è già uno stimato bandito di fama internazionale. Anche lui ha iniziato a delinquere in giovane età, grazie ad una cooperazione tra università europee (evolutasi in seguito nel progetto Erasmus) usufruisce di un periodo di apprendistato criminale nel clan di Jean Claude Zigulì, dedito allo spaccio di pastiglie balsamiche e allo sfruttamento della prostituzione. Prosegue la sua carriera in Svizzera, specializzandosi nei sequestri delle marmotte dei cioccolatifici, in seguito raggiunge il Portogallo dove, nel corso di una rapina in banca durante il carnevale di Lisbona, si arrende ad un bambino vestito da sceriffo, credendolo un agente dell'Interpol. Dopo essere riuscito ad evadere, si trasferisce a Roma e conosce Bergamelli.
  • Jacques René Berenguer era già nella capitale dal 1971. C'era arrivato sull'onda dei successi ottenuti in Francia, dove aveva trionfato ai "Dirty Awards" , premio clandestino conferito al Peggior figlio di puttana scannacristiani dell'anno. Viene però arrestato per l'omicidio di una prostituta e, nel 1973, si arrampica sul tetto del carcere per sollecitare la concessione della libertà provvisoria. Chiaramente[citazione necessaria] viene liberato e torna a Roma. Appena incontra gli altri due il feeling è immediato, sono convinti che la frammentata delinquenza romana è composta principalmente da mezze seghe, decidono quindi di mettersi in proprio e prendersi tutto. Si fanno chiamare la banda delle 3 B, non tanto per le iniziali (anche se era una curiosa coincidenza) quanto per l'amore dei film western. Con un chiaro omaggio a Sergio Leone si fanno conoscere come il buono, il brutto, il bastardo.

1975: i sequestri

I sequestri venivano pianificati "alla francese", quindi riuscivano per culo.

Il primo colpo che li porta sulle prime pagine dei giornali, viene ricordato da loro stessi con mestizia, forse anche leggera vergogna, fu decisamente un cazzata come se ne fanno poche. Il 22 febbraio del 1975, durante una rapina all'interno dell’ufficio postale in Piazza dei Caprettari, uccidono l'agente Giuseppe Marchisella e, quello che avrebbe dovuto essere un colpo miliardario, si risolse con un magro bottino di sole 400 mila lire e un morto ammazzato. La malavita romana li schernisce, la banda delle 3 B diventa in poco tempo lo zimbello delle altre, suscitando grasse risate, più che le barzellette sui carabinieri. Alla Garbatella vengono ribattezzati la banda Bim Bum Bam, a Testaccio diventano il trio Bertuccia, a Torpignattara li chiamano il bullo, il beota, il balordo. Decidono di cambiare nome, sono francesi e quindi essere derisi è normale, ma a tutto c'è un limite. Il clan dei Marsigliesi inizia così la stagione dei sequestri di persona, fecendo il suo definitivo salto di qualità. Nel 1975 ne portano a termine ben cinque.

  • 13 marzo, Gianni Bulgari. L'erede delle famose gioiellerie viene liberato dopo un mese, dietro il pagamento di mezza quintalata di diamanti e tre abbonamenti per lo stadio nel settore numerato della Tribuna Monte Mario.
  • 8 maggio, Adalgiso Sinibaldi Potta. Il marchese di Selvacannosa viene rilasciato dopo appena tre giorni, tempo utile per accertare bancariamente che il mondano nobilastro aveva già sperperato il suo patrimonio e quello della contessa Pittafava, sua sposa.
  • 10 giugno, Amedeo Ortolani. Il presidente della Voxon viene rilasciato dopo 11 giorni di prigionia, il clan incassa 800 milioni e un subwoofer da 700 watt (per lo stereo dell'auto di quel coatto del Bellicini).
  • 6 settembre, Morfeo Fumagalli. Il rispettabile industriale brianzolo è segretamente affiliato a Cosa Nostra. È la loro testa di ponte al nord, scelta dal capomandamento delle famiglie dei Calderone, Santapaola e Bruco. Per non far saltare la copertura, i catanesi sborsano due miliardi ma se la legano al dito. Il destino del clan è oramai segnato.
  • 16 ottobre, Alfredo Danesi. Il re del caffè viene tratto in salvo dopo venti giorni dalle forze dell'ordine, al termine di una brillante operazione denominata "Se non è bbono, che piacere è?!"

1976: gli arresti

L'epilogo dell'operazione Crêpe Suzette, con gli arresti dei boss del clan.

I sequestri avevano fruttato alla banda circa 4 miliardi in totale, nonché un'elevata reputazione negli ambienti della criminalità organizzata romana, incutendo timore agli oppositori e a chi avesse voluto intromettersi nei loro affari. In Sicilia stavano però già meditando vendetta per la "faccenda Fumagalli" e, mentre prendeva corpo un ingegnoso piano per consegnare i marsigliesi alla polizia, nel frattempo venivano oliate le lupare, visto mai qualcosa andasse storto.
Il magistrato Vittorio Occorsio, che si era già occupato della Strage di piazza Fontana, del Golpe Borghese e aveva iniziato a sentire puzza di P2, individuò un collegamento criminale fra la massoneria, il neofascismo romano, i servizi segreti e la banda dei marsigliesi. Praticamente, sostituendo l'ultima componente, un copione riproposto più volte nel corso della storia (squadra che vince non si cambia). Ovviamente furono arrestati solo quelli dell'elemento "facilmente rimpiazzabile", ossia i tre mangialumache. Anche in questo caso, la prosopopea che li contraddistingue giocò loro un brutto tiro.
Eppure il ragionamento era molto semplice:

  1. siete tre criminalotti da strapazzo venuti a Roma, per di più francesi;
  2. dovreste essere consapevoli che gli abitanti del posto avevano un impero e fanno intrighi da circa due millenni;
  3. magicamente vi trovate a spadroneggiare in tutta la capitale.

Possibile che non vi facciate la domanda: "Quando arriva l'inculata?"
Bergamelli venne catturato il 29 marzo in un residence sulla via Aurelia, Bellicini fu acciuffato ad agosto dello stesso anno, Berenguer fuggì in America ma venne arrestato ed poi estradato nel 1980. Alle tre B, le tre A portarono notevolmente sfiga.

1981: la fine

Subito dopo i primi arresti, il 10 luglio, il giudice Occorsio perse la vita per un'allergia ad una particolare razza di volatili. A causa del caldo afoso di quella giornata, aprì i vetri della macchina e, accidentalmente, entrarono nell'abitacolo uno stormo di proiettili che svolazzavano da quelle parti. Ovviamente, chi manovrava nel buio stava archiviando definitivamente la pratica. La giustizia però va avanti, nel corso dei processi i tre "marsigliesi" vengono condannati all'ergastolo, con loro altri due personaggi di spicco del clan. Tra gli assolti un certo Danilo Abbruciati, futuro boss della Banda della Magliana, aggregatosi a loro da poco tempo.

Per un certo periodo, il clan dei marsigliesi cercò di sottrarre alla camorra il controllo delle scommesse sportive clandestine.
« Mera coincidenza o eccellente pianificazione a lungo termine? »
(Uno che si fa domande anche lecite.)

Se è vero che la madre dei complottisti è sempre incinta, allora diamo anche per buona che la moglie delle marionette è sempre vedova. In effetti, da lì a poco si scatenò un ecatombe niente male.

  • Gennaio 1981, Giacomo Palermo (uno dei complici) e la sua convivente Angela Piazza, che avevano deciso di collaborare con gli inquirenti, vengono portati in una villa a Lavinio e usati per pasturare i cefali.
  • Marzo 1982, Jacques Berenguer viene persuaso da Aldo Semerari (legato alla loggia P2) a giocare la carta della semi-infermità mentale. Per sua fortuna non gli viene riconosciuta e resta in carcere. Viene ucciso nel 1990, dopo essere stato trasferito nel carcere di Nizza.
  • Aprile 1982, Semerari viene ritrovato decapitato all'interno della sua auto, in questo caso l'infermità mentale era d'obbligo.
  • Agosto 1982, Albert Bergamelli viene tradotto nel carcere di Marino del Tronto (AP), appena arrivato viene ucciso da Paolo Dongo, ritenuto un "killer da carcere" della mafia[forse].

Maffeo Bellicini, che ovviamente stava scontando il suo ergastolo[citazione necessaria], viene arrestato nel 2006 a Frascati, mentre gestiva un fiume di cocaina e hashish proveniente dal sud America. I carabinieri, di fronte all'identità del quasi settantenne, erano comprensibilmente perplessi. A questo punto, è chiaro che stavolta si becca una ventina di anni per traffico internazionale di stupefacenti e fa la muffa in prigione... ma anche no. Ottenuti a tempo di record gli arresti domiciliari, e la tessera gratuita della bocciofila del suo quartiere, sparisce ancora una volta dai riflettori, portandosi via il boccino.

  • Nel vuoto di potere che si venne a creare, da li a poco, ci fu l'ascesa della Banda della Magliana. Come dire: "Morto un Papa, se ne fa sempre un altro".
  • Il coinvolgimento della massoneria e dei servizi segreti deviati non è mai stato accertato, i lasciapassare usati da qualcuno per uscire dal carcere erano quelli del Monopoli.
  • Babbo Natale esiste, abita al Polo Nord e ha comperato nel 1989 la mia vecchia Fiat Ritmo.

Note

  1. ^ coltellate intimidatorie, inferte più per umiliare che per uccidere, una sorta di schiaffo a mano armata

Voci correlate

Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 20 aprile 2014 col 30% di voti (su 10).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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