Carosello

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:- Bambina: “Evviva, inizia Carosello!”
- Bambino: “Che palle, tra poco si va a letto!”
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Carosello

Carosello (3 febbraio 1957 - 1° gennaio 1977) è stato un programma televisivo italiano[e ti pareva!], nel quale erano contenuti, in proporzioni variabili, pubblicità e sche shket ketchup scenette umoristiche, nel senso che potevano indurre nel telespettatore brusche oscillazioni del tono dell'umore, con conseguenze talvolta imprevedibili. È noto il caso della signora Waltraud Cabizzosu, colpita contemporaneamente dalla sindrome di Stendhal, dalla sindrome di Stoccolma e dal lampadario improvvisamente staccatosi dal soffitto durante la visione del carosello di Cimabue, che pubblicizzava l'amaro Don Bairo. Tale concatenazione di eventi la condusse all'alcolismo da detto liquore e all'abuso di Cibalgina®. Per conseguenza fu bandita da tutti i supermercati e tutte le farmacie, fu lasciata dal marito e si diede all'eroina, divenendo la prima ospite di San Patrignano.

Il programma fu trasmesso sul primo (e a lungo unico) canale Rai per quattro lustri, tutti i santi giorni, con poche e studiate eccezioni:

  • il 2 novembre perché non si scherza sui morti;
  • il Venerdì santo perché, se non si scherza sui morti, figurarsi se si poteva scherzare su quel morto;
  • il 14 magosto perché i teleutenti, ma anche i telelavoranti, erano tutti in ferie.

Vi furono alcune interruzioni temporanee per eventi del tutto eccezionali:

Struttura del programma

Fino al 1957 in Italia non esisteva la pubblicità televisiva[incredibile ma vero], anche in virtù di una curiosa legge allora vigente, secondo la quale:

Nel 1967 il grande Totò registrò uno spot per Carosello. Di lì a poco morì.
  1. non era concesso fare della pubblicità all'interno di alcuno spettacolo televisivo serale;
  2. l'eventuale pubblicità doveva anticipare il programma di almeno 90 secondi, tempo sufficiente a mandare giù un bicchiere di vino e dimenticarla nel fragore di un rutto;
  3. durante gli spettacoli non si poteva inquadrare un prodotto, nemmeno fingendo che fosse per caso, altrimenti il cameraman lo doveva ingoiare. Fosse stata pure una lambretta.

Per poter aggirare la legge fu necessario realizzare un apposito format televisivo con poche ma inderogabili regole:

  • lo spot doveva contenere una parte di spettacolo (il "pezzo", della durata di 1 minuto e 45 secondi) che doveva essere divertente, qualitativamente apprezzabile, realizzato in modo intelligente e privo di scritte con l'asterisco, al fine di evitare qualsiasi paraculata;
  • il pezzo doveva essere rigidamente separato e distinguibile dalla parte puramente pubblicitaria (il "codino", della durata di 30 secondi);
  • il passaggio dal primo al secondo avveniva sempre tramite una frase-chiave pronunciata dal protagonista, in modo da far capire al telespettatore che era un buon momento per andare a pisciare;
  • solo nella parte finale poteva essere nominato il prodotto, che in genere veniva coperto dal rumore dello sciacquone.

Con tutti questi paletti il programma finì per risultare di fatto poco pratico e dispendioso per la committenza, data l'eccessiva durata dello sketch. Inoltre i prodotti del mercato internazionale avevano bisogno di un'immagine standard nei diversi paesi e mal sopportavano di dover costruire spot legati particolarmente al cervellotico contesto italiano. Ciò decretò la morte di Carosello, a tutto vantaggio della pubblicità odierna che spesso è ignobilmente interrotta da film e programmi.

La sigla

Uno dei primi prodotti pubblicizzati.

La realizzazione di un programma televisivo, seppur di natura pubblicitaria e lungo appena 10 minuti, non può prescindere da alcuni elementi essenziali:

  1. una buona organizzazione operante con direttive precise;
  2. puntuale gestione delle risorse umane e finanziarie;
  3. staff tecnico competente e ben attrezzato;
  4. contenuti interessanti e realizzati in modo accattivante;
  5. una sigla che sia facile da memorizzare e che ricordi immediatamente il programma.

Sui primi quattro punti non si poteva fare molto, era pur sempre la Rai, il quinto invece l'avevano completamente dimenticato. Mancava la sigla, mancava un giorno alla messa in onda e mancava soprattutto una buona idea per realizzarla. Se non altro, erano tutti d'accordo su alcuni punti fermi: doveva rappresentare l'Italia, le sue aziende e l'operoso popolo al loro interno; una sorta di sipario che si apriva sul Miracolo economico italiano. L'idea aveva preso finalmente forma, bastava fare una ripresa aerea di un polo industriale, una carrellata su alcuni operai che lavorano davanti a grossi macchinari e filmare una donna in un supermercato col carrello pieno di prodotti. Ad averne il tempo.
Si dovette ripiegare sulla computer grafica, escludendo però la possibilità di utilizzare un computer perché ancora non esisteva. A conti fatti: restava il disegno a mano libera. Grazie alle numerose matite smozzicate sulle scrivanie, un teatrino realizzato col cartone, un sipario fatto con due fazzoletti tirati con lo spago e i disegni della moglie di Luciano Emmer (il regista), la sigla venne fuori comunque. Leggermente diversa dall'ipotesi iniziale.
Le complesse fasi della realizzazione sono state protette dal segreto industriale per tutti i 20 anni di messa in onda, un patrimonio di conoscenza e tecnica raffinata che oggi può essere finalmente svelato.

  1. Inquadratura del disegno di Venezia vista dal mare, nel quale sono presenti: il Ponte di Rialto, alcune gondole, due turisti con le calosce, i piccioni che gli cagano in testa e un suonatore ambulante di chitarra.
  2. Disegno di Siena comprendente: Piazza del Campo durante il Palio, due ragazzini che giocano a frisbee con un panforte, uno spacciatore di ricciarelli contraffatti e un trombettiere.
  3. Disegno di Napoli, in particolare di Via Caracciolo, contenente: Castel dell'Ovo sullo sfondo, auto che passa col rosso, due ragazzi in vespa che scippano una vecchia e Masaniello che suona il Mandolino.
  4. Disegno di Roma, raffigurante Piazza del Popolo, che mostra: una protesta degli operai tessili della Val Brembana, un Carabiniere colpito da un sampietrino, tre teppistelli che giocano a zecchinetta proprio davanti ai militari e un flautista di traverso[1].
  5. Scritta "Carosello" con una fontana sullo sfondo, per qualcuno la Fontana del Gigante a Napoli e per altri Fort Alamo in Texas.

L'audio in sottofondo è una tarantella napoletana risalente al 1800, intitolata Pagliaccio, di autore ignoto. Fu scelta ufficialmente perché era molto orecchiabile, in realtà era perfetta per non pagare i diritti SIAE.

Gli attori

Famose facce da Carosello.

Vi furono moltissimi spot interpretati da attori, cantanti o altri personaggi del mondo dello spettacolo. La cosa sorprendente[oggi] è che erano quasi tutti italiani e pubblicizzavano prodotti italiani[cazzo!].

  • "Non esiste sporco impossibile per Bio Presto!" - L'uomo in ammollo, come veniva chiamato da tutti, è il chitarrista jazz Franco Cerri, uno dei soli tre fenomeni che può vantare una voce sulla Treccani. Scomparso il 18 ottobre 2021 a novantacinque anni, ha suonato con gente del calibro di Gorni Kramer, Chet Baker, Gerry Mulligan e Billie Holiday; solo per citarne alcuni. Negli anni '60 gli effetti speciali muovevano però i primi passi, ogni volta che doveva girare la scena stava quindi immerso nell'acqua per davvero. È solo per intercessione di San Gemini che non si è beccato l'artrite reumatoide e ha potuto continuare a suonare.
  • "C'è una grande cuoca in voi e Barilla la rivela!" - Mina ne era convinta, un po' meno il 70% degli italiani che continuava a mangiare la pasta scotta. Il compenso per questo spot fu pagato in natura: una fornitura a vita di rigatoni e fusilli. I bene informati lo ritengono il motivo che ha portato la cantante a stazzare come un peschereccio e a sparire dalle scene.
  • "Falqui, basta la parola!" - Tino Scotti, icona del varietà negli anni '30, pubblicizzava un prodotto che faceva cagare; letteralmente. Il confetto lassativo masticabile era comunque molto apprezzato, il ricordo delle cure a base di olio di ricino, in voga qualche anno prima, era ancora vivido.
  • "Sempre più in alto!" - Il prodotto pubblicizzato da Mike Bongiorno era una grappa, per la precisione: Bocchino sigillo nero, evocante nelle menti perverse una prostituta nigeriana con le labbra serrate in una fellatio. Mike affermava che per trovarla occorreva recarsi in altura, quindi si faceva scaricare con un elicottero sul Cervino, oppure era ripreso a bordo di una mongolfiera. Una scelta di marketing comunque infelice, giacché escludeva sia le persone che soffrono di vertigini sia quelle basse, che non arrivavano a prenderla nello scaffale in alto del supermercato.
  • "Cambierebbe il suo fustino con due qualsiasi?" - Paolo Ferrari, affermato attore e doppiatore, recitava nel ruolo di un intervistatore alle prese con una donna che fa la spesa. Memorabile lo spot con la tarchiata ed occhialuta signora dall'accento calabro, la quale, fiera del suo fustino Dash nel carrello, ne decanta il profumo di pulito che lascia sull'intimo. Immaginarla intenta ad annusare le mutande di suo marito, magari un manovale di Cosenza, non può che far vomitare.
  • "E mó, e mó, e mó... Moplen!" - Gino Bramieri, comico di enorme fama, pubblicizzava il polipropilene isotattico (Moplen per gli amici). Questa materia termoplastica, che valse il Nobel per la chimica a Giulio Natta nel 1963, poteva assumere qualsiasi forma durante la lavorazione: tinozze, mestoli, insalatiere e perfino silos per granaglie. Non era quindi la reclame di un prodotto ma di un materiale, come se oggi si mostrassero in tv Renzi e Berlusconi per pubblicizzare la merda.
  • "Anch'io ho commesso un errore!" - Cesare Polacco, attore teatrale di successo, interpretava il quasi infallibile detective americano Rock. Per sua stessa ammissione, il suo unico errore era stato quello di non usare la Brillantina Linetti, motivo per cui era talmente calvo che quando si passava le mani tra i capelli le dita erano in maggioranza.
  • "Costa solo mezzo bicchiere in più!" - Armando Carini, attore di cinema e teatro, recitava il ruolo dell'impiccione. Dopo aver sbirciato sulla tavola del suo vicino il vino Folonari, iniziava a pedinarlo standogli appiccicato dietro, per scoprire in che modo riuscisse a permetterselo. Finiva per scoprire che il vino non era poi così caro, che il vicino non rapinava banche e che lui stesso era solo uno spilorcio del cazzo.
  • "È così comodo che si può prendere in tram!" - Considerando chi frequenta i mezzi pubblici verrebbe subito da pensare allo streptococco, o al tifo. La frase concludeva invece lo spot del Digestivo Antonetto, a pronunciarla era il cantante Nicola Arigliano. Il personaggio degli sketch era il classico "soggettone"[2], vittima spesso della sua presunzione, che finiva per mangiarsi il fegato. Le compresse masticabili sono ancora oggi molto usate, soprattutto quando l'Agenzia delle Entrate richiede il pagamento di una tassa del 1969.
  • "La pancia non c'è più!" - Mimmo Craig, attore teatrale e televisivo, era il testimonial di un olio da tavola leggero e digeribile: l'olio Sasso... vabbè. Negli sketch il personaggio era alle prese con un sogno romantico nel quale, grasso come Giampiero Galeazzi, correva dietro un'appetitosa biondina infoiato come un gibbone, senza però mai raggiungerla. Al risveglio si scopriva magro come sempre e canticchiava lo slogan assieme alla domestica di colore Matilda.
  • "Dove c'è amore c'è un Bacio Perugina!" - I motivi che hanno spinto Vittorio Gassman, un signore della recitazione, a vestirsi da pirla per la Perugina sono ancora ignoti. Una delle ipotesi più accreditate parla di "compenso faraonico", ma c'è sicuramente anche l'amore per le auto di lusso. E per le donne, di lusso. Ad ogni modo, passare gli alimenti alle ex mogli era costoso anche negli anni '50.
  • "Plasmooonnnnn!" - L'Uomo Plasmon, l'infido teppista che rovinava a martellate un capitello, era l'ex nuotatore Fioravante Palestini. Grazie al suo fisico imponente ottenne due risultati: girare lo spot della Plasmon e portare 250 kg di eroina dalla Thailandia fino in Egitto. In realtà avrebbe voluto portarla in Italia ma i doganieri egiziani, capaci di fiutare la droga meglio di Lapo Elkann e di un cane poliziotto, glielo impedirono. Finì condannato a 25 anni di carcere, gli sequestrarono il martello e sfumò così la possibilità di evadere.

L'animazione

Pura arte grafica italiota.

L'introduzione dell'animazione costituì un'importante novità sotto molteplici aspetti: con il cachet di un solo attore si potevano produrre circa quattro tonnellate di video animati, pari a "tanta robba[3]". Ma non solo: anche l'indotto ne risentì positivamente. Grazie a Carosello la scuola di animazione italiana ebbe modo di farsi conoscere in ambito internazionale, purtroppo senza farsi capire per la scarsa conoscenza delle lingue straniere. Per questo i migliori talenti italiani restarono confinati al di qua delle Alpi. Un peccato, forse, ma se non fosse andata così non sarebbero nati tutti quei personaggi, notissimi ai bimbi di allora, che avrebbero offuscato persino la fama del prodotto che dovevano reclamizzare.

  • "Carmencita, sei già mia! Chiudi il gas e vieni via!" - Il grande pubblicitario Armando Testa, durante un periodo di stasi creativa, se ne esce con due coni di gesso che fa colorare e truccare al proprio figlioletto: ecco Caballero e Carmencita, protagonisti di una fuitina con conseguenti nozze riparatrici. Il tutto ai danni del legittimo pretendente della fedifraga. A coronamento di tutto, un buon caffè Paulista. La Lavazza, proprietaria del marchio, aveva inteso impostare la campagna pubblicitaria sui saldi valori della famigghia famiglia, cogliendo un successo insperato.
  • "Ava, come lava!" - Il pulcino Calimero nasce, bianco come tutti gli altri, in Veneto. Diventa nero dopo essere caduto in una pozza di fango, perciò subisce discriminazioni razziali a non finire, secondo l'indole dei suoi conterranei. Una giovane olandesina (checché se ne dica, gli olandesi sono sempre più avanti in certi campi) capisce che il pulcino non è un nigger, o negher che dir si voglia, ma ha solamente scarsa dimestichezza col sapone: dopo averlo lavato col detersivo reclamizzato, Calimero torna bianco e viene accettato dalla sua gente. La Mira Lanza, produttrice del detersivo Ava, aveva fondato la campagna pubblicitaria sull'accoglienza e sull'integrazione: utilizzando il giusto detersivo, qualunque sporco negro sarebbe diventato perfettamente bianco, oltre che pulito.
  • "Bill e Bull a Cavaria City" - A Cavaria City, nel vecchio West lombardo tra Gallarate e Vergate sul Membro, si può trovare di tutto, dalle merci più strampalate alle mercanzie più improbabili: un vero e proprio tormentone, una sorta di Svervegia ante litteram. Bill e Bull, i protagonisti dell'animazione, vi si recano però solo per acquistare un condizionatore Argo, non senza affrontare vari cattivi di turno in veri e propri scontri a fuoco e all'arma bianca. La morale della storia era che il condizionatore, dato anche il suo prezzo elevato, bisognava sudarselo.
  • "E che, ci ho scritto Jo condor?" - Jo (secondo alcuni Giò) Condor, un uccellaccio rapace vestito da aviatore con tanto di mirino sul becco, organizza raid aerei sugli abitanti della Valle Felice, scaricando tonnellate di guano sul loro ridente villaggio. Allora i villici chiamano in loro soccorso il Gigante Amico, un essere mostruosamente alto e curiosamente somigliante al nonno di Heidi. Costui acchiappa Jo Condor e gli fa un mazzo così, mentre i villici, allegri e felici, ripuliscono il villaggio dalle deiezioni del malefico pennuto. Con tale sketch la Ferrero reclamizzava vari prodotti, dalla Nutella al Mon Chéri. La campagna pubblicitaria funzionò perché, anche se il cartone animato era assolutamente fuori contesto, era piacevole da guardare mentre si sbocconcellava una fetta di pane spalmata di crema alle nocciole o gustando una pralina con ripieno alcolico. Anzi, alla quarta pralina tutto diventava inspiegabilmente molto più piacevole.
  • "La linea" - Creata dal disegnatore e fumettista Osvaldo Cavandoli, rappresenta tuttora il concetto di estremizzazione più talebano dello stile minimal. Dotata di vita propria, si rivolge al disegnatore con fare alquanto arrogante, esprimendosi in un grammelot dal vago accento milanese comprensibile forse solo a Renzo Bossi. Sfugge spesso al controllo del suo creatore provocandogli guai piuttosto seri: dilapida gran parte dei suoi averi nelle corse clandestine di cani e ingravida una quindicina di massaie che avevano acquistato il prodotto reclamizzato: la pentola a pressione Lagostina.
  • "L'omino coi baffi" - Se la Lavazza ci metteva il caffè, Renato Bialetti ci metteva la caffettiera. L'omino coi baffi, caricatura dello stesso Bialetti, lanciò sul mercato la famosissima Moka Express colpendo al capo un ignaro passante, ma realizzando anche un fatturato pari al PIL dello Spagnogallo. Senza contare l'innegabile innovazione: fino ad allora il caffè si preparava filtrando l'infusione attraverso i calzini del nonno, o comunque di un parente molto anziano. Questo sistema è stato funzionale fintantoché la famiglia italiana ha mantenuto le sue prerogative patriarcali. Con l'avvento del consumismo le famiglie moderne non tenevano più i loro vecchi in casa, pertanto era molto difficile procurarsi dei calzini atti alla bisogna. Con l'invenzione della moka questo problema non si è più posto.
  • "È arrivato il merendero!" - Miguel, lurido messicano con accento vercellese o giù di lì, era il testimonial dei biscotti Mattutini della Talmone, rinomata cioccolateria torinese. La colonna sonora, interpretata dai Los Gildos, gruppo pre-punk della retroavanguardia piemontese, divenne un tormentone presso tutti i bimbi di allora. Molti di loro sono attualmente reclusi in vari manicomi criminali, gli altri sono diventati delusi di sinistra. Il fatto che della Talmone non si senta più parlare ormai da decenni induce a pensare che il battage pubblicitario non abbia sortito, nel tempo, gli effetti sperati.
  • "Salomone, il pirata pacioccone" - Salomone era un pirata piemontese (credibile come un alpino di Lampedusa) a capo di una ciurma composta dal mozzo siciliano Mano di fata e dal nostromo veneziano Fortunato. Insieme angariavano dei poveri malcapitati secondo uno schema preciso: Mano di fata faceva la parte dello sbirro cattivo dicendo "Capetano, lo possiamo torturare?", mentre Salomone faceva la parte dello sbirro buono: "Ma cosa vuoi torturare tu? Porta pasiensa! So ben io come fargli aprire la bocca. Basta offrirgli..." E costringevano il prigioniero a trangugiare litri e litri di bibite create con gli sciroppi della ditta Fabbri, preparati zuccherosissimi dalla consistenza viscida, altamente cariogeni e predisponenti al diabete e all'obesità. Se nell'immediato la ditta Fabbri conobbe un certo periodo di prosperità, a lungo termine il carosello avrebbe fatto la fortuna di dietologi e dentisti, preparando gli italiani alla moda dell'allora nascente turismo odontoiatrico.
  • "Susanna Tuttapanna" - A metà degli anni 1960 gli italiani non erano ancora così smaliziati, perciò non fecero caso alle evidenti allusioni sessuali presenti nel carosello in questione. A cominciare dal nome della piccola protagonista che, oggi lo sappiamo, evoca eccitanti pratiche sessuali provenienti dall'estremo oriente. Susanna Tuttapanna reclamizzava il formaggino Milione, prodotto dalla ditta Invernizzi, con una vocina suadente che oggi (ma facilmente anche allora) farebbe arrapare schiere di vecchi laidi e bavosi e sarebbe stata censurata dal MOIGE in quattro e quattr'otto. Ma nessuno ebbe alcunché da ridire, vuoi perché all'epoca attenzionare i minorenni probabilmente era ancora considerato un fatto normale; vuoi perché certe cose "si fanno, ma non si dicono. E se si dicono, devono essere trascorsi almeno vent'anni".

Oggi

Nel 2013 i vertici Rai, reduci da un Erasmus ad Amsterdam, hanno deciso di riproporre l'antico format, chiamandolo Carosello reloaded, andato in onda a singhiozzo da maggio a settembre. Il successo del programma non è quantificabile, dal momento che tutti coloro che pagano il canone giurano, anche sotto tortura, di non averlo mai visto.

Note

  1. ^ non lo strumento, il tizio
  2. ^ persona stupida e facilmente raggirabile
  3. ^ Tanta roba

Voci correlate


Programmi televisivi

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