Bruno Liegi Bastonliegi

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Bruno Liegi Bastonliegi.
« Salvate il soldato Ryan? L'ho sceneggiato io. »
(Il maestro Liegi Bastonliegi prima di prendersi una pernacchia.)


Bruno Liegi Bastonliegi (Liegi 1966 - assente giustificato per servizio militare) è un attore, regista e fotoromanziere italo-ciclista.

È ritenuto l'inventore della NecrofagArt nonché il maggior esponente del cinema italo-ciclistico nel mondo. La straordinaria qualità lirica delle sue opere e la profondità delle riflessioni sulla condizione umana fanno di lui un protagonista centrale nel panorama cinematografò e culturale.

Biografia

Infanzia

Bruno Liegi Bastonliegi nasce a Liegi, dal padre Girolamo Liegi Bastonliegi e dalla madre Magliarosa Milanosanremo. Visse un'infanzia difficile perché i genitori divorziarono al momento del battesimo per futili motivi: il padre pretendeva che il padrino fosse il suo amico di bevute Tonio Cartonio, mentre la madre avrebbe preferito la supermodella Marisa Laurito.
Dalle sue esperienze infantili il regista ha dato vita ad alcune delle più famose opere della cinematografia ultramoderna, creando dei capolavori come la saga di Mobbasta (Mobbasta, Mobbasta veramente però) e consacrando artisti del calibro di Maccio Capatonda e Rupert Sciamenna.

Il periodo sotto la pornottatura

All'età di 12 anni, l'ordine di Cito venne sovvertito da un esercito di sciiti incazzati che presero il potere e decisero che d'ora in poi vigeva la pornodittatura o pornottatura, vale a dire la pornocrazia. In questo periodo vide la luce un nuovo capolavoro del regista, Momenevado, basato sul tristissimo libro da colorare I diari della motoretta. Momenevado fu il primo film a essere mostrato in un carcere israeliano come alternativa alla pena capitale per un gruppo di terroristi palestinesi.
Proiettato per la prima volta nei cinema di tutta Cinisello Balsamo nel 1992, il film riscosse critiche positivissime: ci fu addirittura chi lo definì "la più grande rivoluzione cinematografica dai tempi di "Figa da Alcatraz".

La trama del film, piuttosto banale, diede luogo ad alcune delle più celebri scene della cinematografia futura, come il lungo addio che il magistrale Maccio Capatonda fa a Geeno nel tristissimo finale. La colonna sonora è fatta a voce ed ciò che più rimane impresso del film.
Da questo film in poi la strada del Maestro è tutta in discesa.

La collaborazione con la Unreal Pictures

Capatonda in uno dei classici zoom a tutto campo, marchio di fabbrica del regggista, in Mobbasta veramente però

Giunto dalla Terronia in Italia, Bruno iniziò a capire che il cinema faceva per lui. Girò un film con Franco Trentalance, L'animale della tribù degli Arrapati ha rubato le mutandine della maestra e venne notato da un noto produttore cinematografico, mentre dava pugni a un muro (memorabile la scena, Ehi giovinotto, che c'è? - So girare film! - E ti va di mettere questa fottutissima bravura sotto contratto?, da qui nacque uno dei sodalizi più famosi della storia del cinema, ancora meglio del duo Steven Spielberg/Steven Spielberg). Il produttore finanziò un primo progetto, un documentario sul dolore, Ahia - Una toccante introspezione sul dolore con Maccio Capatonda.

Il film era particolarissimo, perché si svolgeva con Maccio Capatonda che continuava a camminare per strada parlando al telefonino. La vicenda risulta di altissima tensione perché non si capisce mai quale sia la storia, e quindi lo spettatore rimane incuriosito sino allo sconvolgente finale (a quel punto si penserà: eh sì, è vero!). Nel film il regista mostrò un'altissima abilità registica, sia nelle le scene che nel direzione degli attori: per far immedesimare Maccio Capatonda nel ruolo del dirigente di multinazionale sfigato che indossa un cappello da Napoleone, egli pagò contemporaneamente un esperto di borsa, uno sfigato e Napoleone stesso per impartire lezioni di recitazione al giovane Maccio. Il risultato fu una critica di altissimo livello e un film che riuscì a sbancare i botteghini, i barileghini e tutto il resto.

I titoli di testa di "Mobbasta"

Da qui, il progetto della trilogia del "nonnepossopiù": aveva in mente una saga di film in cui il protagonista fosse assolutamente stufo della società che lo opprimeva. La società era impersonata da uno speaker che spiava ogni azione del protagonista sino allo sconquassante finale. Scopo, quello di mostrare quanto sia monotona la vita di ogni giorno. La trilogia venne finanziata dalla Unreal di Ennio Annio e prevede:

Il suo ultimissimo successo in collaborazione con il maestro Ando Vais è stato Natale al cesso.

La serie degli errori

Ultimamente il superlativo maestro ha commesso degli errori, usciti in cofanetto DVD: Ho sbagliato io (remake del celebre Il tenero Gigione) e Sviste. Nel primo ha collaborato con l'esordiente Michele Muro (già diretto da Mino Male in Salute! e regista di Fernet 9°/11°) e nel secondo ha rinsaldato la sua lunghissima carriera a fianco di Maccio Capatonda e Pina Sinalefe. I due cofanetti DVD sono considerati una chicca dai fan, che hanno riscontrato come Bastonliegi, anche in regie a egli estranee riesca a mantenere una personalità propria a contatto con la macchina da presa.

Filmografia

Natale al cesso

Natale al cesso è un film cult con Maccio Capatonda.

Si presenta la classica trama del cinema post-neo-anal-realista che vede l'eroe lottare strenuamente per realizzare i suoi ideali contro una sorte crudele e beffarda; la narrazione si svolge in un albergo di montagna, metafora di Felliniana memoria che rappresenta il paradiso perduto, forse.

Dopo aver sentito l'ultima canzone dei Sonohra il protagonista entra in trance e riceve il dono di parlare con i morti, ma spesso gli incontri con questi gli incutono terrore tanto da farlo esclamare "Li mortacci sua!".

Nel finale la storia viene ricondotta a quel non-luogo, il cesso appunto, dove, libero da ogni inibizione di natura sociale, l'essere umano può finalmente ritrovare sé stesso ed esprimersi liberamente nelle forme artistiche più alte.

Il film è frutto della straordinaria collaborazione di due esponenti di spicco del cinema d'essai.

La regia di Bruno Liegi Bastonliegi si segnala come in altri film per la sua pedo-porno-fotografia e per i suoi zoom a tutto campo.

D'altra parte l'apporto di Ando Vais nella sceneggiatura viene reso palese dai rapporti sodomitici che avvengono con l'uso della punta dell'albero di natale, nei quali si può leggere il prevalere degli istinti primitivi sul consumismo onnipresente nella vita dell'uomo moderno.

I ruoli assegnati sono i seguenti:

  • Maccio Capatonda è il protagonista: per questo ruolo ha già ricevuto la nomination per l'Oscar nella categoria Luigi Scalfaro.
  • Rupert Sciamenna è il tizio che da un calcio in culo a un altro perché' questo capitomboli dentro una stanza e qui trombi con una donna pesante circa 300 kg e che poi si nasconde le parti basse con un cane perché nel frattempo è entrata la moglie nella stanza perché c'è stato un equivoco perché lui credeva che lei credesse che lui sapeva che l'altro fosse ... (si noti la sottile vena umoristica con numerosi e sofisticati riferimenti alla cultura yiddish).
  • Ivo Avido è quello che rutta e scoreggia sempre.
  • Massimo Boldi è il water di ceramica che si vede nell'ultima scena: purtoppamente non ha fatto in tempo a dire la sua unica battuta in copione, che poi sarebbe "Uè, cipollino!".

Momenevado

Momenevado è un film di Bruno Liegi Bastonliegi, parzialmente basato sul libro I diari della motoretta di Bastione Grande Sasso. Nel cast compaiono Maccio Capatonda e Nick Malanno, stelle nascenti. Particolarità del film è il fatto che è girato totalmente nell'atrio del palazzo dove il regista abitava e la trama si svolge attraverso flashback narrati indirettamente.

Bruno (Maccio Capatonda) e Kecco (Nick Malanno) sono amici intimi sin da bambini. Una sera, Kecco va a cena con una ragazza, Ina (Pina Sinalefe) con la quale ha una storia d'amore piuttosto profonda. Un giorno, Ina incontra un anziano ricco e famoso (un perfetto Rupert Sciamenna) del quale si innamora per l'ingente quantità di soldi a disposizione. Ina lascia Kecco, che cade in depressione. Kecco inizia a bere, arriva quasi al suicidio, sino a quando un giorno non si consulta con l'amico Bruno. Bruno purtroppo sta lasciando l'appartamento per andare a fare la spesa, e Kecco, ritrovandosi solo si suicida. Dopo 3 giorni, secondo le scritture, Kecco resuscita e siede a destra di Bruno. E tutti vissero felici e contenti.

Mobbasta

Mobbasta è un film di Bruno Liegi Bastonliegi, con Maccio Capatonda. Esso è il primo episodio della "trilogia del nonnepossopiù"; lo speaker e il protagonista sono entrambi interpretati da Maccio Capatonda. A Bastonliegi venne in mente questo film durante una giornata passata agli studios della Iuniversal (una sottomarca della Universal): in quell'occasione, egli si sentì deriso da tutti e decise di creare questa trilogia in cui la monotonia della vita veniva scandita da uno speaker fuori campo. Alla fine, il protagonista si ribellava alla rigida società, sconvolgendo l'ordine degli eventi nella sua vita e uccidendo quindi lo speaker/società, senza il quale però non esisteva più la rivolta che irrimediabilmente riconduceva alla normalità e quindi alla monotonia.

Vibo Valente (Maccio Capatonda) è un uomo comune: ha un lavoro, una casa, un mutuo a basso costo, lavora in centro città, casa con giardinetto, scooter, monovolume, colesterolo basso, guarda i programmi TV, ha una moglie, dei figli; è il cittadino-standard. Un giorno, irrimediabilmente si accorge che la sua vita è troppo monotona e ogni tentativo di farla cambiare la fa tornare come prima, come in un circolo vizioso. Si mette a vendere carciofi all'angolo di una strada, vomita un elefante dalla bocca insalivandolo con della colla vinilica, indossa una camicia rossa con la cravatta a pois viola: niente! Nulla riesce a sconvolgere l'ordine della sua vita, rigidamente scandita dalla voce dello speaker. Finché, un giorno, Vibo non decide di non svegliarsi, non andare al lavoro, bruciare il giardino di casa: lo speaker muore. Ma se muore lo speaker, la società "monotona" si annulla e la "nuova" realtà diviene invece quella "monotona" mentre quella "monotona" diventa quella nuova, che deve provare ancora. Vibo decide quindi di ricominciare tutto da zero, fa resuscitare con un magico rituale voodoo il suo spirito guida (lo speaker) e continua a vivere in maniera monotona e inutile. Un'ampia riflessione sulla società di oggi.

Ahia – Una toccante introspezione sul dolore

Ahia - Una toccante introspezione sul dolore è un film di Bruno Liegi Bastonliegi, con Maccio Capatonda. Il film è in realtà una serie di episodi di vario genere e stile, diretti con maestria dal poliedrico regista, che qui è anche direttore della fotografia e montatore.

È suddiviso in 4 semplici episodi:

  1. Emmorta: la giovane Elisa si trova morta nella vasca da bagno di casa sua, colpa di tutto uno scarafaggio. Il caso viene affidato all'ispettore Cherrett Fon Karpistell, che conduce in maniera eccellente le indagini e individua l'assassino scoprendo la terribile verità: Elisa si è suicidata.
  2. La storta: il piccolo Daniele si butta dal balcone per suicidarsi e prende una storta. A questo punto il regista indaga la mente umana, per capire perché il bambino si voleva suicidare. La storta è in realtà mentale, però fa male lo stesso.
  3. La solitudine: il giovane Ugo (Maccio Capatonda) vive da solo in un appartamento in periferia, mangia da solo. Per riscattarsi partecipa a un torneo di pugilato internazionale, dove incontrerà la morte, che però lo schifa e così diventa Mariottide.
  4. L'amante: il segmento con Franco Trentalance, nel ruolo dell'iperpalestrato Superursus che riesce ad attirare le ragazze e non riesce a nascondere a sua moglie il fatto di avere un amante.

Tutti gli episodi hanno come tema principale il dolore (non a caso il film è Una toccante introspezione sul dolore) dell'uomo, della ragazza che muore nella vasca, della storta mentale di Daniele, del giovane Ugo, che è solo e di Superursus, che provoca dolore nel non potere un amante nonostante sia iperpalestrato e superdotato.

Forse no

Maccio Capatonda in una presentazione degna di Sean Connery.

Forse no è un film del noto regista Bruno Liegi Bastonliegi, con Maccio Capatonda. Il film è basato sul breve romanzo Memorie di un cittadino vissuto in piazza Navona dal primo al quindici luglio ed è un'aperta denuncia sociale contro l'inquinamento cittadino, il buco dell'ozono, i pannolini a prezzi troppo alti, le canzoni di Gianni Celeste, i cani, i cellulari, la droga, la violenza, il razzismo e altri fenomeni sociali che passarono in mente a Bastonliegi durante la lavorazione.

Il giovane Young Juvens (Maccio Capatonda) è un cittadino di Roma, che passa la sua vita tra la fermata dell'autobus, la fermata del taxi e quella della metropolitana. Un giorno, istigato da un fruttivendolo che non sapeva cosa significasse il termine "assiologometrico", Young decide di sfidare la gang dell'ortofrutta, quella stessa notte, in uno spiazzo sulla Tuscolana. Young viene raggiunto dalla gang, che lo prende a colpi di pomodori, peperoni, pesche fuori stagione e quant'altro. La mattina dopo è sveglio, ma malconcio. Quasi distrutto, Young chiede passaggio con l'autostop a un carabiniere. L'uomo lo riporta in città, a Piazza Navona. Qui, l'uomo osserva il passìo della gente e inizia a notare il fermento della città, che ha all'interno razzismo, violenza, sangue e odio repressi. Un giorno, mentre è seduto sulla panchina a riprendersi, vede passare una ragazza, che gli dice di amarlo. Young viene sedotto dall'affascinante ragazzina; immediatamente, egli capisce di essersi innamorato e decide di cambiare quel mondo che ha visto degenerare. Ma quando sta per agire, si ritira, mostrando che l'uomo preferisce ritirarsi in un mondo epicureo più che agire in maniera stoica. Ciceroniano.

Per fare questo film, il noto regista cino-giappo-coreano Bruno Liegi Baston Liegi ha speso una cifra esorbitante, che si approssima a circa 5 €. Difatti, dopo molti prestiti bancari, la sua compagnia cinematrogafica ha rischiato il fallimento. Per fortuna, il successo del film ha rinsaldato le casse del regista con un record di spettatori mai avuti prima: due cani e 1.322.400 poltrone vuote, oltre a qualche lattina di Coca-Cola.

Ma per "forse no" si possono intendere varie cose.

« Ti va di uscire con me? »
« Beh... forse no. »
(La risposta della ragazza)
« L'acqua fa male, il vino fa cantare »
« Sono il più figo del mondo... »

I diari della motoretta

I diari della motoretta è il primo capolavoro cinematografico del "5 volte regista di film di serie B del mese" Bruno Liegi Bastonliegi ispirato dall'autobiografia di Max Biaggi, con Ivo Avido nel ruolo del motociclista Rino Moto, Rupert Sciamenna nel ruolo di Shpalman, Fabbio Di Ninno nel ruolo del ladro tamarro inculator di vespe Mario T. Ruben, e una colonna sonora interamente composta da Elio e le Storie Tese.

Rino Moto, 21enne di Torre a Mare in provincia di Bari, era un motociclista drogato di motori: seguiva ogni sabato e domenica Moto 125, 250, GP, SuperBike e 453GHX Special Edition; passava gli interi pomeriggi a riguardarsi immagini di motori e a impararsi le caratteristiche tecniche come il Padre Nostro; faceva parte del culto del Passato Re Moto e di Valentino Rossi. Ma codesto individuo non aveva mai conosciuto la bellezza della Vespa Piaggio, e quando il suo amico Nicola lo introdusse a cotanta motoretta, egli se ne innamorò perdutamente e gliela rubò la notte del giorno seguente a quello prima. Da qui nascevano I diari della motoretta, appassionanti racconti dei romantici pomeriggi passati da Rino in sella alla sua fottuta[citazione necessaria] Vespa, rappresentati come flashbacks. Ma un giorno qualcosa andò storto: il latitante italo-crucco Mario T. Ruben era in fuga dai carabbinieri e necessitava di un mezzo di media velocità per rifugiarsi a Bari Vecchia, trovò per caso una vespa senza catenina e se l'inculò per dileguarsi, e per sfortuna quella era la vespa di Rino Moto. Il giovine, uscito dal bar dopo un espresso e chiacchiere sportive, s'accorse dell'accidente quasi in tempo e tentò d'inseguire T. Ruben, rubando inutilmente la bicicletta ad un bimbominkia. Un carabbiniere, inutile come i suoi colleghi, usò l'ultima risorsa per acciuffare il ladro e chiamò in soccorso uno Shpalman avanti negli anni che, in un soffio, piombò innanzi a T. Ruben e gli lanciò un kilo di merda colla sua cazzuola, riuscendo a fargli fare un incidente stradale che gli costò la vita. Fortunatamente la vespa era in pessime condizioni, ma pessime abbastanza da riuscire a guidarla ancora, e quindi Rino l'ebbe indietro rottamata, mentre 15 carabbinieri furono licenziati in tronco per inadempienza totale al ruolo e Shpalman ebbe la ricompensa di una pensione ben retribuita.

Da notare nel film la bravura di Ivo Avido nel parlare male il dialetto barese e l'ottima interpretazione di un vecchio Shpalman di Rupert Sciamenna. Il film è stato premiato come "miglior film di serie C" al Torino Film Festival.

Altre opere